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«Non è cambiato fondamentalmente nulla nelle banche svizzere»

La filiale svizzera della banca britannica HSBC è al centro di uno scandalo legato all'evasione fiscale su larga scala praticata nei primi anni Duemila. Reuters

Rivelati da un consorzio internazionale di giornalisti, le azioni della filiale svizzera della banca HSBC a Ginevra appartengono al passato, come sostengono gli ambienti bancari elvetici? No, ritiene lo storico Hans-Ulrich Jost, secondo cui le banche hanno sempre saputo adeguarsi ai nuovi vincoli internazionali per mantenere le loro floride attività.

Più di 189 miliardi di franchi sono transitati in segreto per la filiale svizzera della banca HSBC tra il 2006 e il 2007, secondo un’inchiesta condotta da un consorzio internazionale di 150 giornalisti. Battezzato “SwissLeaks”, questo lavoro d’investigazione si basa sui dati sottratti dall’ex informatico dell’HSBC Hervé Falciani e rivela che la banca non ha unicamente aiutato i suoi clienti stranieri a evadere il fisco, ma avrebbe anche ospitato conti di trafficanti e criminali.

Mentre l’immagine della piazza finanziaria svizzera è nuovamente offuscata e che la giustizia è chiamata ad intervenire, Hans-Ulrich Jost, professore emerito di storia contemporanea all’università di Losanna, ritiene che il  paese dovrà ancora far fronte a simili rivelazioni imbarazzanti.

Dottore in Storia e Filosofia all’Università di Berna, Hans-Ulrich Jost ha condotto gran parte dei suoi lavori di ricerca a Losanna, dove ha insegnato dal 1981.

Ufficiale dell’esercito svizzero e pilota di caccia, non ha mai nascosto le sue simpatie per la sinistra. Fa parte degli storici che hanno cercato di spingere gli svizzeri a una lettura più realistica del loro passato, in particolare per quanto riguarda la Seconda guerra mondiale.

Hans-Ulrich Jost ha lasciato la cattedra di storia contemporanea all’Università di Losanna nel 2005.

swissinfo.ch: È rimasto sorpreso dalle rivelazioni sull’evasione fiscale praticata su larga scala dalla filiale svizzera della banca HSBC a Ginevra?

Hans-Ulrich Jost: Per niente. Si parla di uno scandalo, ma è dalla Seconda guerra mondiale che questi metodi sono utilizzati dalle banche svizzere che vogliono ad ogni costo ottimizzare il loro accesso al mercato. Questo caso ha però una portata enorme, dato che, secondo le rivelazioni della stampa, la HSBC gestiva per lo più conti di dubbia provenienza.

swissinfo.ch: Si può parlare di un deficit di controllo da parte delle autorità svizzere?

H-U.J.: In Svizzera, le misure e le istituzioni di controllo non sono mai state sviluppate in modo serio. L’Associazione svizzera dei banchieri ha sempre esercitato, con successo, forti pressioni sulla politica per evitare un sistema di controllo rigido.

swissinfo.ch: Questi SwissLeaks fanno riferimento a fatti avvenuti nel decennio scorso. Da allora, però, il segreto bancario ha perso pezzi di fronte alle pressioni degli Stati che cercano di ottimizzare le loro entrate fiscali. Queste pratiche non appartengono definitivamente al passato?

H-U.J.: No. Mi aspetto altre scoperte simili nei prossimi anni. Non è cambiato fondamentalmente nulla all’interno delle banche svizzere. L’UBS, il più grande istituto bancario, è l’esempio tipico del mantenimento di questa strategia discutibile e ciò malgrado tutti i vincoli internazionali e tutte le promesse fatte.

swissinfo.ch: Non può però negare che il passaggio allo scambio automatico di informazioni segnerà una svolta cruciale per la piazza finanziaria svizzera.

“Il suo nome cambierà un po’, ma nella pratica, il segreto bancario sarà mantenuto”.

H-U.J.: Certo, la Svizzera ha fatto delle concessioni quando non aveva più altra scelta: ha trasmesso ad esempio i dati bancari agli Stati Uniti e lo farà probabilmente con i paesi dell’OCSE, nell’ambito dello scambio automatico di informazioni.

L’origine dei fondi che affluiscono verso la piazza finanziaria svizzera dimostra però come da vent’anni le banche stanno cambiando strategia e si stanno riorientando su altri mercati.

In Africa, in Asia o nei paesi dell’ex URSS esistono mercati redditizi dove non è necessario concludere un accordo per verificare l’origine illecita dei fondi. Il suo nome cambierà un po’, ma nella pratica, il segreto bancario sarà mantenuto.

swissinfo.ch: Il segreto bancario è stato difeso a lungo e con accanimento dal settore bancario e dalle autorità svizzere. Nell’ambito dello scambio automatico d’informazioni, le banche hanno agito in modo proattivo per adeguarsi ai nuovi standard dell’OCSE. Come spiega questo cambiamento di rotta?

H-U.J.: È una strategia tipicamente svizzera. Le autorità sono sempre tentate di difendere lo statu quo il più a lungo possibile, per lo meno sul piano della retorica. Kaspar Villiger, ex ministro delle finanze e in seguito presidente del consiglio d’amministrazione dell’UBS, non ha cessato di ripetere che il segreto bancario non era negoziabile. È stato così anche per il suo successore alla testa del Dipartimento delle finanze, il ministro Hans-Rudolf Merz, che nel 2008 affermava ancora: «Garantisco che coloro che attaccano il segreto bancario si romperanno i denti».

Allo stesso tempo, le banche si adattavano già alle nuove regole per tentare di trovare un altro accesso al mercato. La storia si ripete dal 18esimo secolo: la Svizzera è attaccata perché queste pratiche sono considerate immorali da altri paesi, spesso per ragioni egoistiche. Resiste un po’ e cerca rapidamente altre soluzioni.

swissinfo.ch: Dalla crisi del 2008-2009, l’evasione fiscale è diventata moralmente indifendibile e la trasparenza è ormai un imperativo in tutti i campi, tra cui quello finanziario. Non si tratta di una svolta importante sul piano storico?

H-U.J.: Non credo a questo cambiamento fondamentale di cui si parla da diversi anni. Tutti pensano che sia possibile far si che un investimento in una banca sia visibile e trasparente. Ma non è così: mentre siamo offuscati dalla fine del segreto bancario, negli ultimi cinque-dieci anni sono nate numerose costruzioni giuridiche e finanziarie.

La finanza internazionale si è fatta più complessa e la trasparenza resta limitata. D’altronde, queste nuove pratiche  spesso non violano la legge. Penso ad esempio all’ottimizzazione fiscale praticata dalle multinazionali. I modi e i metodi cambiano, ma non lo spirito e lo scopo.

swissinfo.ch: I trust saranno inclusi nei nuovi standard dell’OCSE sullo scambio automatico d’informazioni. Non è una tappa importante?

H-U.J.: È solo polvere negli occhi. I trust in realtà non sono controllabili nel sistema finanziario internazionale: sono già stati trovati meccanismi sofisticati per oltrepassare questo controllo. I piccoli risparmiatori sono obbligati a regolarizzarsi, ma i grandi patrimoni, già ben posizionati sui mercati internazionali, troveranno sempre un modo per sfuggire all’imposta.

swissinfo.ch: La pressione internazionale nei confronti della Svizzera non ha raggiunto una dimensione senza precedenti?

H-U.J.: Non è la prima volta che le banche svizzere sono confrontate con un fenomeno simile. Alla fine della Seconda guerra mondiale, la piazza finanziaria svizzera è stata messa sotto forte pressione in seguito agli averi tedeschi nelle banche svizzere. All’epoca, alcuni temevano che gli Stati Uniti si sarebbero accaparrati del sistema bancario svizzero. Ma il caso è stato risolto nell’ambito dell’accordo di Washington del 1946: la Svizzera ha pagato una multa di 250 milioni di dollari in oro e la bolla si è sgonfiata.

swissinfo.ch: Dalle sue affermazioni traspare un certo fatalismo. Non esiste alcuna soluzione per lottare davvero contro l’evasione fiscale a livello internazionale?

“Le banche sono criticate nelle chiacchiere da bar, ma quando sono chiamati alle urne i cittadini votano sempre a favore dei vantaggi procurati dal sistema”. 

H-U.J.: È la storia che ci insegna questo fatalismo. La Svizzera, con la sua posizione geostrategica particolarmente interessante, il suo sistema politico allo stesso tempo stabile e discreto, sarà sempre interessante per le persone che vogliono tenere al sicuro i loro soldi. E va notato che il bilancio è piuttosto positivo: pochi paesi dispongono di una riserva finanziaria tale da permettere di sopravvivere alle pressioni internazionali. Nel 18esimo secolo, il canton Berna era già la più importante banca d’Europa. È la forza della Svizzera: può mobilitare un potenziale finanziario e industriale estremamente grande, in un contesto politico molto discreto. E sempre con il sostegno della maggioranza della popolazione.

swissinfo.ch: Ma i cittadini svizzeri non stanno cambiando rotta?

H-U.J.: Le mentalità non sono per nulla cambiate. Da sempre, la popolazione inveisce contro le banche. Negli anni venti, ad esempio, la popolazione manifestava una grande esasperazione nei confronti degli investimenti internazionali delle banche che facevano salire i tassi d’interesse ipotecari in Svizzera.

Le banche sono criticate nelle chiacchiere da bar, ma quando sono chiamati alle urne i cittadini votano sempre a favore dei vantaggi procurati dal sistema. 

Le rivelazioni sulle pratiche d’evasione fiscale della filiale svizzera di HSBC non preoccupano oltre misura l’Associazione svizzera dei banchieri. «Siamo convinti che oggi tutti sanno che da anni la piazza finanziaria ha riveduto le sue pratiche», scrive l’organizzazione ombrello in un comunicato.

Gli sforzi nel campo della conformità, in particolare, sono stati notevolmente rafforzati, afferma Thomas Sutter, portavoce dell’associazione. Sutter ritiene che queste rivelazioni concernono azioni passate di una sola banca. «Tuttavia, articoli simili nella stampa non sono mai positivi a corto termine».

(Traduzione dal francese, Stefania Summermatter)

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