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Talvolta l’ospedale fa ammalare

Keystone

Durante il ricovero in ospedale, il 7,2% dei pazienti contrae una malattia nosocomiale. Infezioni che ogni anno causano dai 1000 ai 2000 decessi.

La prevenzione – settore in cui gli ospedali universitari ginevrini sono all’avanguardia – permette di ridurre considerevolmente i rischi di contaminazione.

Ci si può ammalare anche in ospedale. Lo dimostra uno studio recentemente pubblicato dal giornale medico elvetico Swiss-NOSO in 50 strutture ospedaliere del Paese.

Quanto emerso dall’inchiesta lascia perplessi: 7 pazienti su 100 contraggono un’infezione durante la loro degenza in ospedale, per un costo che si aggira attorno ai 300 milioni di franchi annui.

Il loro numero sale nei reparti di cure intense, dove ad essere contaminati sono addirittura il 23,5% dei ricoverati, così come negli ospedali più grandi, dove tali infezioni sono contratte da un paziente su dieci.

«Nelle grandi strutture e nei reparti di cure intense si praticano infatti le terapie più invasive e sono ricoverati i pazienti maggiormente soggetti ad infezioni», spiega Hugo Sax, medico del dipartimento prevenzione e controllo delle infezioni presso gli ospedali universitari di Ginevra (HUG), nonché coordinatore di Swiss-NOSO.

Cause di infezione

Individuare con certezza a cosa realmente siano dovute le infezioni contratte all’ospedale risulta talvolta impossibile. Fra il momento in cui si viene infettati e i primi sintomi infatti, intercorre un determinato periodo di tempo.

Inoltre, la contaminazione è spesso legata a un concatenarsi di più fattori, quali il mancato rispetto delle norme di igiene o il grave stato di salute del paziente, che lo rende particolarmente vulnerabile.

«Anche nel caso (comunque piuttosto raro) in cui vi fosse un errore umano, fra gli innumerevoli trattamenti a cui è sottoposto un malato durante la sua degenza in un nosocomio diventa praticamente impossibile sapere quello che gli ha causato l’infezione», sottolinea il dottor Sax.

Per il paziente che volesse chiedere un eventuale risarcimento sarà quindi estremamente difficile provare la responsabilità di un membro del personale di cura o anche solo dell’ospedale stesso. Come fa notare Ursula Gröbly, dell’Organizzazione svizzera dei pazienti (OSP) tuttavia, il problema della responsabilità si pone molto di rado: «Le infezioni sono sempre complicazioni dello stato di salute del paziente. Ma praticamente mai sono dovute a errori medici».

Nessun sistema di controllo

In alcuni Paesi europei, quali Francia, Germania o Inghilterra, gli ospedali sono obbligati a registrare ogni infezione. Questa procedura, oltre che permettere di meglio conoscere le cause di contagio, ne facilita anche il contenimento.

In Svizzera invece, non esiste alcun sistema di sorveglianza costante e continua delle malattie nosocomiali.

Come rileva il dottor Sax, «simili procedure comportano costi elevati. Per questo non siamo ancora riusciti a convincere il governo elvetico ad adottarle».

Per il momento quindi, ci si deve accontentare di studi privati, limitati nel tempo e nei mezzi a disposizione, come quello di Swiss-NOSO.

«Gli ospedali stessi chiedono siano effettuati dei controlli e si dimostrano molto collaborativi. Lottare contro le infezioni è nell’interesse di tutti», fa notare il medico ginevrino.

Pionieri della prevenzione

Ridurre i fattori di rischio in generale è possibile. Basta adottare adeguate misure di prevenzione.

Numerosi studi provano ad esempio che, rispettando sistematicamente le norme di igiene, il numero delle contaminazioni durante la degenza in ospedale potrebbe diminuire del 30-50%. Un’inchiesta realizzata lo scorso anno dagli HUG ad esempio, dimostra che il 43% dei medici (sui 163 osservati) non si lavava correttamente le mani.

Da ormai una decina d’anni, gli ospedali universitari ginevrini hanno fatto delle misure igieniche di prevenzione il loro cavallo di battaglia. Grazie ad un approccio globale del problema, che passa dalla sorveglianza delle differenti pratiche mediche, all’analisi dei risultati, fino a una formazione mirata del proprio personale di cura, sono riusciti a diminuire della metà il loro tasso d’infezioni.

Un successo nell’ambito della prevenzione riconosciuto a livello internazionale: negli ambienti medici infatti, il «Geneva model» è diventato un punto di riferimento su larga scala.

A coronare il tutto, e per la gioia di Didier Pitter, il «Signor Pulito» responsabile del progetto ginevrino sin dai suoi albori, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha deciso di fare degli HUG il proprio partner e modello di una campagna mondiale di prevenzione per l’igiene delle mani e altri problemi di sicurezza dei pazienti, lanciata il 13 ottobre.

swissinfo, Anna Passera

Swiss-NOSO è una pubblicazione svizzera di medicina, il cui contenuto è dedicato alle infezioni nosocomiali.

Alla sua redazione contribuisce un gruppo d’esperti delle differenti unità e servizi di prevenzione e di controllo delle infezioni in Svizzera.

È prodotto con il supporto dell’Ufficio federale della sanità pubblica e della Società svizzera d’igiene ospedaliera.

Secondo uno studio di Swiss-NOSO, il 7,2% dei pazienti degenti in ospedali in Svizzera contrae una malattia infettiva.
La percentuale sale al 23,5% nei reparti di cure intense. Seguono chirurgia (8,3%), medicina (5,6%), ginecologia (3,6%) e ostetricia (2,2%).
Nei piccoli ospedali la proporzione di pazienti che contrae tali infezioni è del 4,2%, contro il 5,6% in quelli di medie dimensioni e il 10,5% nei grandi.

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