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Terrorismo islamico: nuovo processo a Bellinzona

Il procuratore Claude Nicati spera in un successo nel suo secondo processo a presunti estremisti islamici Keystone

Si apre mercoledì il processo a due islamisti, marito e moglie, accusati di aver creato e gestito siti internet che inneggiavano alla jihad e fornivano sostegno a gruppi criminali.

Si tratta del secondo processo per terrorismo che si tiene al Tribunale penale federale di Bellinzona dopo l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001. Il primo si è chiuso con un’assoluzione.

Dopo la sconfitta subita in febbraio, il procuratore Claude Nicati affronta un altro caso che riguarda presunte attività a fini terroristici. Anche questa volta non sarà facile per la pubblica accusa dimostrare in modo inconfutabile la volontà criminale dei due imputati.

La coppia – marito e moglie – ha vissuto nelle vicinanze di Friburgo, nella Svizzera occidentale, ed è accusata di propaganda in favore della jihad, la cosiddetta guerra santa islamica. In particolare, i due avrebbero utilizzato internet per sostenere organizzazioni criminali e spingere ad attacchi nei confronti di paesi occidentali.

Il principale accusato, un tunisino sulla quarantina, è stato arrestato nel febbraio del 2005 e rimesso in libertà dopo tre settimane di detenzione preventiva. Sua moglie, 48 anni, risiede in Belgio, ma è di origini marocchine. È la vedova dell’attentatore suicida che nel 2001 uccise il comandante Massoud, uno dei leader della lotta contro i talebani. Arrestata nel febbraio del 2005, ha trascorso dieci giorni in detenzione preventiva.

Immagini che parlano la lingua della violenza

I forum di discussione aperti su internet dalla coppia invitano all’odio e alla violenza razziale contro i paesi europei e gli Stati Uniti. Secondo l’atto di accusa questi siti non sono stati utilizzati solo come semplici vettori di propaganda. Essi hanno anche permesso ai membri di organizzazioni terroriste di ottenere istruzioni per la fabbricazione di esplosivi e di gas nocivi e hanno diffuso immagini intollerabili di esecuzioni e mutilazioni di esseri umani.

Per il procuratore Claude Nicati, che ha redatto l’atto di accusa, il tunisino non è stato un semplice simpatizzante della causa islamica: ha «attivamente sostenuto un gruppo del terrorismo della jihad, mettendo a disposizione dei criminali uno strumento di comunicazione moderno ed efficace».

Intervistato da swissinfo, Gilles Monnier, professore di diritto penale all’Università di Losanna, afferma che per la pubblica accusa sarà di centrale importanza riuscire a dimostrare che i due erano a conoscenza di ciò che avveniva sui loro siti internet. «È un processo penale e l’accusa deve dimostrare la volontà di delinquere. Non basterà provare che gli imputati si sono macchiati di negligenza». Entrambi gli accusati negano ogni addebito e affermano di essere stati all’oscuro delle informazioni scambiate sui siti in questione.

«Se una persona gestisce un forum filtrando regolarmente i messaggi che vi arrivano, difficilmente potrà difendersi dicendo che non ne sapeva niente», spiega Monnier. «D’altro canto, se non c’è sorveglianza si può anche affermare che non c’è responsabilità».

Verdetto atteso

Il processo dovrebbe durare solo un giorno. Il verdetto dovrebbe essere pronunciato mercoledì, ma le autorità lo comunicheranno solo in un secondo tempo. Non è ancora chiaro se i due imputati compariranno davanti al giudice.

L’uomo attualmente abita a Losanna. La donna – che in un’intervista rilasciata alla CNN afferma di essere una fedele di Osama Bin Laden – è stata espulsa dalla Svizzera e risiede in Belgio. Le è stato promesso un salvacondotto per comparire davanti alla corte del tribunale penale di Bellinzona.

Il processo metterà una certa pressione sulle spalle del procuratore Claude Nicati, che in primavera aveva dovuto accettare un verdetto di assoluzione per cinque yemeniti, un somalo e un iracheno accusati di partecipazione e sostegno ad organizzazione criminale.

swissinfo e agenzie

Il 20 giugno si tiene al Tribunale penale federale di Bellinzona il secondo processo svizzero per terrorismo. Il primo si è concluso il 28 febbraio 2007 con un verdetto di assoluzione per insufficienza di prove.

L’accusa fa riferimento all’articolo 260ter del Codice penale svizzero, che punisce con pene detentive che vanno fino a cinque anni chi è legato ad associazioni segrete che perseguono l’obiettivo di commettere atti di violenza criminali. È punibile anche chi commette questi reati all’estero.

Finora le condanne basate sull’articolo 260ter sono state rarissime.

In Svizzera sono pendenti due altri casi di sospetto estremismo islamico.

Un uomo d’affari saudita è accusato di aver trasferito ingenti somme di denaro dal suo conto in Svizzera. I destinatari sarebbero membri di Al Qaida. Il caso è nelle mani del giudice istruttore dal giugno del 2005.

Lo scorso settembre è stata aperta un’inchiesta preliminare nei confronti di diverse persone nordafricane arrestate in Svizzera e accusate di essere coinvolte nella pianificazione di attentati ai danni di aerei israeliani.

Il caso dell’uomo d’affari egiziano Youssef Nada e della sua banca Al Taqwa è stato chiuso per insufficienza di prove. L’uomo è ancora sulla lista dei sospetti terroristi dell’ONU ed è agli arresti domiciliari a Campione d’Italia.

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