Prospettive svizzere in 10 lingue

TPF: 2 anni e sei mesi a ex agente Argo1

Condannato ex agente Argo1 KEYSTONE/TI-PRESS/PABLO GIANINAZZI sda-ats

(Keystone-ATS) Il Tribunale penale federale (TPF) ha confermato la condanna di due anni e mezzo, di cui sei mesi da espiare, per il 33enne luganese di origine turca, ex agente di sicurezza della società Argo 1, che ha fatto opera di proselitismo per un gruppo islamista.

L’uomo sarà rilasciato tra breve visto che ha già scontato la quasi totalità della pena.

L’imputato, che al momento dell’arresto lavorava come sorvegliante in alcuni centri per richiedenti l’asilo in Ticino, ha riconosciuto le accuse formulate dal Ministero pubblico della Confederazione (MPC). Durante il dibattimento, che si è svolto con rito abbreviato, ha ammesso di aver sbagliato, ma ha aggiunto di non aver mai obbligato nessuno ad aderire alle sue idee.

È stato riconosciuto colpevole di violazione della legge federale che vieta i gruppi Al Qaeda e Stato islamico (Isis). Fra il gennaio del 2014 e fino al suo arresto, lo scorso 22 febbraio, ha organizzato azioni propagandistiche e di proselitismo per conto del gruppo ribelle “Jabhat Al-Nusra” e nel 2015 ha aiutato combattenti stranieri a raggiungere le zone di guerra in Siria e Iraq per unirsi all’Isis.

Il 33enne, definito un indottrinatore dal MPC, era diventato un punto di riferimento per diverse persone che hanno aderito alla sua visione radicale dell’islam, spiega l’atto d’accusa. Uno dei suoi “allievi”, ad esempio, gli aveva chiesto l’approvazione per partire nelle zone di guerra, nell’ottobre del 2016; un’altra persona aveva espresso la volontà di partire in Siria o in Palestina per combattere. L’ex agente di Argo 1 era anche riuscito a convincere quattro persone ad allontanarsi dall’ideologia dello Stato islamico per aderire a quella del gruppo Jabhat Al-Nusra.

L’imputato svolgeva le sue attività di proselitismo e indottrinamento sia di persona, incontrando gli interessati in case private o in locali pubblici del Luganese, sia attraverso messaggi, telefonate e i social. “La morte da martire nell’islam è considerata la morte migliore poiché è scritto nel Corano e il martire che muore combattendo nel nome di Allah raggiunge il paradiso”, figura su uno dei messaggi riportati nell’atto d’accusa.

In altri scritti il militante spiega la differenza fra il suo gruppo e lo Stato islamico: “Contrariamente a quanto fa l’Isis compiendo attentati in Europa e nel mondo, la terra per combattere e fare jihad armata sono Paesi come la Siria e l’Iraq in cui i musulmani sono oppressi e bisogna aiutare a liberare la popolazione, esattamente come sta facendo il gruppo Jabhat Al-Nusra”.

Malgrado non aderisse alla visione dell’Isis, il turco-svizzero ha comunque facilitato il viaggio di due jihadisti per raggiungere lo Stato islamico in Siria. Nel primo caso, il 33enne ha fornito all’uomo indicazione sui bus da prendere per recarsi dalla Turchia in Siria e gli ha consegnato 100 franchi, nel secondo ha ospitato il futuro combattente e la moglie nella sua casa in Turchia prima che raggiungesse la Siria, dove è morto nel dicembre 2015.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR