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Tracce di sofferenza senza né sangue né violenza

Suzanne Opton

Come si può ancora attirare l'attenzione, in un modo saturato di immagini, sulla sofferenza umana provocata da guerre, abusi e catastrofi naturali? Il Museo della croce rossa propone una risposta toccante e intelligente a questa domanda con la mostra "Stigma".

Sono quattro fratelli argentini ritratti in una fotografia di famiglia del 1969. Quattro ragazzi che si tengono stretti, l’uno contro l’altro, e guardano un po’ timidi e imbarazzati verso l’obbiettivo del fotografo. Nel 2006 sono quarantenni, le spalle più larghe, la fronte un po’ stempiata, il volto maturo. Ma sono solo in tre. Il fratello maggiore è scomparso, sparito per sempre. Uno dei tanti “desaparecidos” durante la dittatura militare in Argentina, tra il 1976 e il 1983.

Queste immagini di Gustavo Germano figurano tra le opere presentate dell’esposizione temporanea “Stigma”, che riunisce i lavori di sette fotografi contemporanei di paesi diversi. La mostra si iscrive nella missione del Museo della Croce rossa: ricordare al visitatore la drammatica realtà di milioni di persone nel mondo e l’importanza degli aiuti prodigati ogni giorno dalle organizzazioni umanitarie.

Un compito non facile di fronte alla massa quotidiana di informazioni e immagini riversate nel mondo dai media, che tendono a banalizzare i messaggi e a desensibilizzare il pubblico anche di fronte alle più terribili tragedie. E, ancora meno, quando si vuole attirare l’attenzione sulla sofferenza umana senza ricorrere al sangue ed esaltare la violenza, come è spesso il caso delle immagini televisive e cinematografiche.

Desolazione e vergogna

Per riuscire in questo intento, i sette fotografi si sono chinati sulle tracce lasciate su corpi e paesaggi da guerre, ingiustizie e catastrofi naturali. Stigma o cicatrici, come le sequele psichiche generate da violenze e abusi o le devastazioni prodotte da conflitti e cataclismi.

Per Gustavo Germano, queste tracce si esprimono attraverso il vuoto creato dalla scomparsa di persone care, una sofferenza resa ancora più atroce dalla mancanza di qualsiasi indizio sulla loro sorte. Sono le immagini di una bambina fotografata su un letto nelle braccia del padre e della madre. Quarant’anni dopo, la bambina è una donna che si ritrova da sola, inginocchiata dinnanzi allo stesso letto. Dei genitori rimane ormai solo un ricordo, una fotografia tra le sue mani.

Per Dana Popa, la sofferenza si legge sui volti e sui corpi di ragazze moldave, vittime di traffici sessuali. Per evitare ogni voyeurismo, la fotografa rumena non ha ritratto le giovani donne durante le attività di prostituzione, ma al loro ritorno a casa, dopo essere sfuggite alle reti criminali. Ma nei loro sguardi spenti e assenti è rimasta la desolazione e la vergogna a cui non riescono ancora a fuggire.

Smarrimento e fragilità

“Il lavoro di assistenza alle vittime e di alleviamento del dolore psichico, che fa seguito a violenze, è uno dei parametri sui quali si concentrano sempre più le organizzazioni umanitarie. Con questa mostra abbiamo quindi cercato di mettere in rilievo il fatto che l’azione umanitaria non è necessariamente conclusa con gli aiuti immediati, ma spesso richiede interventi a più lungo respiro, fino a quando le vittime hanno ritrovato una loro dignità, un’esistenza normale”, spiega Sandra Sunier, curatrice dell’esposizione.

Con una serie di ritratti di militi americani, reduci della guerra in Iraq, anche la fotografa americana Suzanne Opton è andata alla ricerca di tracce rimaste impresse sui volti. I soldati sono fotografati distesi su un tavolo, in una posizione di abbandono e rilassamento, senza alcun segno distintivo militare e alcuna posa guerresca. I loro visi lasciano piuttosto trasparire smarrimento e fragilità.

Questi ritratti, apparentemente anodini, trasportano in realtà una forte carica evocativa ed emozionale. Non a caso sono stati censurati negli Stati uniti, nei giorni in cui si svolgeva la Convention repubblicana a St. Paul, nel Minnesota, perché considerati disfattisti e demoralizzanti per l’opinione pubblica.

L’impatto degli avvenimenti

Altri fotografi hanno focalizzato invece la loro attenzione sulle ferite lasciate sui paesaggi da conflitti e disastri naturali. Nella serie “My Lovely Bosnia”, lo svizzero Christian Schwager propone le immagini di una campagna nei pressi di Bljeceva, dove sono state trovate fosse comuni risalenti alla guerra civile che ha sconvolto la Bosnia negli anni ’90. Questi paesaggi bucolici contrastano con la tragica realtà nascosta sotto terra.

Il canadese Robert Polidori documenta la devastazione prodotta nel 2005 a New Orleans dal ciclone Katrina. Ad alcuni mesi di distanza, il fotografo conduce lo spettatore a visitare quartieri ed edifici semidistrutti dalla tempesta. Vestiti, scarpe, mobili e oggetti domestici rimasti tra il fango evocano con grande sensibilità la presenza umana che sussisteva prima della catastrofe.

Oltrepassando la pura attualità veicolata in tempo reale dai media, per soffermarsi piuttosto sull’impatto degli avvenimenti, i fotografi presentati dal Micr riescono a ridare una maggiore intensità alle immagini, come sottolinea la curatrice della mostra Nathalie Herschdorfer. “Nell’era della televisione, di internet e molti altri nuovi media, le opere di questi fotografi dimostrano che l’immagina fissa ha ancora oggi una forte capacità di suscitare emozioni e riflessioni sulla realtà che ci circonda”.

swissinfo, Armando Mombelli

Il Comitato internazionale della Croce rossa (CICR) è stato fondato nel 1863, quale organizzazione neutrale e indipendente, su iniziativa del ginevrino Henry Dunant (Premio Nobel della pace nel 1901).

Il CICR, la più vecchia organizzazione umanitaria tuttora esistente, è all’origine della nascita del Movimento internazionale della croce rossa e della mezzaluna rossa, come pure del diritto umanitario, ancorato nelle Convenzioni di Ginevra.

In base al suo mandato, sancito dal diritto internazionale, il CICR si occupa in particolare di aiutare i civili e i feriti in caso di conflitti armati, come pure le persone imprigionate in seguito a guerre o per motivi politici.

Inaugurato nel 1988, il Museo internazionale della Croce rossa, a Ginevra, è stato visitato finora da circa 2 milioni di persone.

Il Museo propone un’esposizione permanente che illustra la nascita e la storia dell’intervento umanitario: dalla battaglia di Solferino alle guerre mondiali del XXesimo secolo, dalle Convenzioni di Ginevra alle attività attuali del Movimento della croce rossa e della mezzaluna rossa.

L’esposizione temporanea “”Stigma”, che può essere visitata fino al 24 luglio 2009, è stata allestita dal Musée de l’Elysée di Losanna, specializzato nella fotografia contemporanea.

La mostra propone le fotografie di Robert Polidori (Canada), Gustavo Germano (Argentina), Dana Popa (Romania), Pieter Hugo (Sudafrica), Christian Schwager (Svizzera), Suzanne Opton (Stati uniti), Shai Kremer (Israele).

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