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Trump ammette, dato informazioni a russi, è mio diritto

Il presidente Donald Trump KEYSTONE/AP/PABLO MARTINEZ MONSIVAIS sda-ats

(Keystone-ATS) Donald Trump attraversa il cerchio di fuoco delle polemiche sollevato dallo scoop del Wp rivendicando il suo “diritto assoluto” di condividere con i russi informazioni utili a combattere il terrorismo.

E dirottando l’attenzione contro le “talpe” dell’intelligence che aveva chiesto di stanare al capo dell’Fbi James Comey, anche se per ironia della sorte ora tocca a lui rivestire involontariamente i panni della ‘gola profonda’.

“Come presidente volevo condividere con la Russia (in un incontro alla Casa Bianca programmato pubblicamente), cosa che ho il diritto assoluto di fare, fatti relativi al terrorismo e alla sicurezza del volo aereo. Ragioni umanitarie, inoltre voglio che la Russia rafforzi notevolmente la sua lotta contro l’Isis e il terrorismo”, ha twittato di buon mattino.

“Fatti”, scrive senza mai confermare che si trattava di una notizia classificata fornita da un governo alleato: quella relativa ad un presunto piano terroristico dell’Isis per usare come bombe nelle cabine degli aerei i laptop, che gli Usa hanno già vietato nei voli da otto Paesi musulmani e che ora potrebbero proibire anche su quelli provenienti dall’Europa.

I cinguetti suonano pero’ come un’ammissione dagli effetti clamorosi e potenzialmente devastanti, spiazzando il suo entourage (come già accaduto in passato), e rischiando di minare la fiducia non solo della fonte di intelligence alleata (individuata dal Nyt in Israele, seconda tappa del suo primo viaggio all’estero) ma anche quella di molti alleati europei.

Fonti del servizio diplomatico Ue hanno gettato acqua sul fuoco sostenendo che “l’Unione europea condivide l’intelligence con gli Usa e continuerà a farlo” e che “gli Usa condivideranno con noi qualsiasi cosa pensano di dover condividere”. Ma un alto funzionario di un servizio segreto europeo ha riferito alla AP che il suo paese potrebbe smettere di scambiare informazioni con gli Stati Uniti perché “potrebbe essere pericoloso per le nostre fonti”.

Lo stesso sen. John McCain ha riconosciuto che le azioni di Trump mandano “un segnale preoccupante agli alleati e partner americani americani nel mondo e potrebbero ostacolare la condivisione dell’intelligence con noi in futuro”. Una questione che rischia di emergere al prossimo vertice Nato.

Ma i primi ad essere stati presi in contropiede sono stati il suo consigliere per la sicurezza nazionale H.R. Mcmaster, la sua vice Dina Powell e il ministro degli esteri Rex Tillerson, che lunedì sera si erano affrettati a liquidare l’articolo del Wp come “falso” negando che Trump avesse discusso con i russi “fonti o metodi di intelligence” o “operazioni militari che non fossero già note pubblicamente”. Non rispondendo però alle domande avevano infuocato le polemiche, tanto che il Wp aveva risposto per le rime alla Casa Bianca osservando che non aveva smentito nulla del suo servizio, confermato poi da ulteriori fonti – sempre anonime – ad altri media.

McMaster è stato cosi’ costretto a programmare un briefing con la stampa per correggere il tiro. A suo avviso Trump ha avuto un comportamento “totalmente appropriato” con i russi, condividendo informazioni che ritiene possano migliorare la sicurezza nazionale, con l’obiettivo di incoraggiare la cooperazione nella lotta all’Isis. Il presidente “non era a conoscenza della fonte di intelligence e non l’ha compromessa”, ha sottolineato, aggiungendo di non temere lo stop della condivisione di informazioni top secret.

Gli esperti sono divisi sulla legittimità da parte di Trump di rivelare informazioni classificate con il ministro degli esteri russo ma il Nyt, uno dei giornali più critici nei suoi confronti, riconosce che il presidente ha il potere e l’autorità legale per declassificare o rivelare qualsiasi cosa.

Resta però una montagna di critiche. Innanzitutto per aver infranto una prassi consolidata nella comunità dell’intelligence, condividendo una informazione ricevuta da un partner senza chiederne l’autorizzazione, minando così la sua fiducia e, a catena, quella di altri alleati. La seconda è averla passata a quei russi con cui gli Usa vogliono cooperare in Siria ma con una agenda diversa, consentendo loro di identificare e mettere fuori gioco la fonte (di cui Trump avrebbe rivelato la città). E aumentando i sospetti di ‘relazioni pericolose’ nel pieno del Russia-gate.

La rivelazione di Trump lo espone inoltre alle accuse di doppi standard, soprattutto dei dem, dopo aver criticato Hillary Clinton per la sua gestione delle informazioni classificate nell’Email-gate. E suscita i malumori anche del suo partito, timoroso che i continui scandali della Casa Bianca e l’interrogativo sull’idoneità del presidente compromettano l’agenda al Congresso.

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