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Turbanti, cammelli e…100 candeline

L'uomo del deserto sembra guardare al di là dell'orizzonte. MEN

Per inaugurare il centenario dalla sua fondazione, il Museo di etnografia di Neuchâtel espone, quasi a ricordare il carattere nomade della sua disciplina, la vita dei Tuareg del deserto.

Nell’anno dei festeggiamenti, il museo indossa vesti inattese, proponendo attività ed incontri sorprendenti.

Solo gli occhi appaiono dall’anagad, la parte del turbante che copre il viso. Occhi impenetrabili, che guardano lontano. Uno sguardo che va oltre, al di là delle barriere, geografiche o culturali che siano. È lo sguardo fiero dell’uomo del deserto, lo sguardo di un guerriero Tuareg.

Il Museo d’etnografia di Neuchâtel (MEN) ha scelto di aprire l’anno del centenario – il museo è stato inaugurato nel 1904 – con una mostra sulla vita dei Tuareg, i nomadi a cammello.

Gli oggetti dell’esposizione “Tuareg. Nòmades del desierto” provengono dalla collezione del MEN, sebbene la mostra non sia stata creata a Neuchâtel bensì in Spagna. Dopo essersi spostata da una città all’altra nella penisola iberica per quasi due anni – quasi a sottolineare il carattere nomade della manifestazione – l’esposizione ritorna in Svizzera.

Una concezione diversa

La mostra evoca la vita dei tuareg, un popolo di pastori nomadi che vive in una vasta zona situata tra il Sahara ed il Sahel. Gli oggetti esposti illustrano i differenti aspetti della loro vita: la storia, l’economia, il quotidiano e l’artigianato.

La concezione degli ideatori spagnoli offre una visione etnomuseografica differente da quella tradizionalmente proposta dal MEN.

L’approccio tematico che pone in rilievo l’oggetto, caratteristico della scuola etnografica di Neuchâtel, lascia qui il posto ad una concezione geografica che mette in scena, in modo molto realistico, il quotidiano dei nomadi.

Una contrapposizione che aiuta a capire il funzionamento del marketing di certe ditte turistiche, che vendono agli Occidentali nostalgia e metafore. Alcuni degli oggetti esposti non sono infatti più utilizzati dai giovani Tuareg odierni, confrontati ad un’altra realtà.

“La mostra riflette piuttosto l’immagine nostalgica che abbiamo conservato dentro di noi”, spiega Jacques Hainard, conservatore del MEN.

Circolare per rivivere



La scelta del tema non sembra casuale. Il nomadismo è infatti un aspetto importante dell’etnologia, paragonabile ad una linfa vitale che la tiene viva. Nomadismo non delle persone, ma degli oggetti.

“Il rischio più grande per le collezioni è di rimanere immobili allo stesso posto, come se fossero state dimenticate sul fondo di una scatola. La cosa più bella è vedere come queste collezioni si rianimano, tramite nuove interpretazioni, quando circolano all’estero”, afferma Marc-Olivier Gonseth, vice direttore del MEN.

“Questo tipo di nomadismo, la potenzialità che hanno gli oggetti di viaggiare e di andare a perturbare lo sguardo di chi li osserva, è un aspetto al quale il MEN tiene molto”, aggiunge M. O. Gonseth.

Quale legame con i riti?



L’anno del centenario sarà accompagnato da molte proposte, spesso inattese. Orari modificati, sale di esposizione trasformate in bar, club o cinema. Il MEN ha deciso di trasformarsi, quasi a volersi mettere in discussione.

Il “Calendario invadente” è uno degli avvenimenti più originali. Dalla prima festività dell’anno – l’Epifania del 6 gennaio – al 31 dicembre, il MEN invita il pubblico a festeggiare i riti del calendario nei suoi locali.

Ai visitatori si chiede di portare degli oggetti, in tema con la festività, che saranno poi disposti nelle vetrine delle sale delle esposizioni permanenti, accanto a pezzi dell’antico Egitto, tibetani e africani. Una destabilizzazione che vuole proporre l’interrogativo sul legame tra la gente ed i riti.

Un regalo atteso cent’anni



Il 14 luglio 1904, durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo Museo etnografico della città, il neoconservatore Charles Knapp espresse l’idea di edificare delle capanne nel parco e di farci alloggiare dei gruppi di indigeni.

Esattamente cento anni dopo il suo desiderio sarà esaudito. La compagnia teatrale “Caméléon”, specializzata nelle animazioni interattive, metterà in scena uno spettacolo che pone delle domande sulla rappresentazione dei popoli indigeni e sulla loro percezione da parte degli Occidentali.

La concezione interattiva dell’animazione favorisce il dibattito, permettendo agli spettatori di intervenire e diventare gli attori della propria vita.

Il regalo a Charles Knapp sarà completato dal programma musicale “Ethnocturne”, che trasformerà il MEN in un club di musica etnica. Gruppi dal Brasile, dalla Siberia, dal Golfo persico, dal Madagascar, da Cuba e dalla Francia animeranno le notti estive sulla collina di Saint-Nicolas.

Il museo a scuola



Una quarantina di studenti dell’Istituto d’etnologia insegneranno, durante tutto l’anno, la loro disciplina nelle scuole del cantone.

Gli universitari potranno esercitarsi a trasmettere il loro sapere ad un pubblico non specializzato. Gli alunni scopriranno invece la storia e le origini dell’etnologia, abbordando temi quali il colonialismo, il razzismo od il saccheggio dei musei.

swissinfo, Luigi Jorio, Neuchâtel

Inaugurata a Seviglia nel novembre 2001, l’esposizione “Tuareg. Nòmadas del desierto” è stata realizzata dalla Fondazione “La caixa” di Barcellona.

La collezione degli oggetti esposti era stata costituita da Jean Gabus, il predecessore dell’attuale conservatore del Museo di etnografia di Neuchâtel Jacques Hainard.

La mostra, che inaugura l’anno del centenario, può essere visitata fino al 18 aprile.

Il programma degli avvenimenti per i 100 anni del museo propone esposizioni temporanee, spettacoli teatrali, concerti di musica etnica, proiezioni cinematografiche e conferenze.

La cerimonia ufficiale del centenario è fissata per il 15 maggio.

Esposti 260 oggetti dei Tuareg
200,000 visitatori in 26 mesi di esposizione in Spagna

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