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A Calais prosegue sgombero, tensione e minacce suicidio

(Keystone-ATS) Notte tranquilla, poi le ruspe sono tornate nella zona sud della “jungla”, il campo profughi di Calais dove da ieri il governo francese sta attuando l’evacuazione parziale degli occupanti, destinati ai diversi centri di accoglienza del Paese.

La seconda giornata, anche se un po’ meno agitata, ricorda le forti tensioni di ieri. E accende i riflettori sulla disperazione di molti profughi, alcuni dei quali sono arrivati, dal tetto di una baracca armati di coltello, a minacciare di tagliarsi le vene.

“L’attivismo di una manciata di militanti ‘No Borders’, estremisti e violenti non cambierà niente”, risponde Bernard Cazeneuve, ministro dell’Interno che sta monitorando la delicata situazione. Ieri la polizia, in assetto antiguerriglia, ha lanciato lacrimogeni a pioggia contro gli attivisti, che rispondevano con un nutrito lancio di pietre.

Nonostante questo – ha fatto sapere Cazeneuve – l’operazione di sgombero e distruzione degli alloggi di fortuna della bidonville “continuerà nei prossimi giorni, con calma e metodo, offrendo a ciascuno un posto, come da impegni del governo”. Il ministro ha ribadito “la determinazione del governo a mettere al riparo i migranti in conformità con la decisione del tribunale amministrativo” ed ha invitato “tutti alla calma e alla ragione”.

Il tribunale di Lille ha respinto nelle scorse settimane tutti i ricorsi contro l’evacuazione della zona sud della “jungla”, dove si trovano un migliaio di profughi (3.000 secondo gli attivisti) che aspirano ad attraversare la Manica per raggiungere la Gran Bretagna. Ieri gli scontri hanno provocato il ferimento di 11 poliziotti ed hanno portato al fermo di 3 attivisti, che saranno processati.

Dal gabinetto della Prefetto, Etienne Desplanques, fanno sapere di aver “liberato” una zona di circa 10.000 metri quadrati, grosso modo il doppio di ieri. Alla fine della prima giornata, 5.000 metri quadrati erano stati sgomberati e 46 profughi erano saliti sugli autobus destinati ad altri centri di accoglienza. Oggi le cifre parlano già di 29 persone in partenza per quattro centri nel sud della Francia.

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