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Afghanistan: massacro alla Corte Suprema di Kabul, 20 morti

Forze di sicurezza sul luogo dove è avvenuto l'attentato suicida di oggi pomeriggio a Kabul. KEYSTONE/AP/MASSOUD HOSSAINI sda-ats

(Keystone-ATS) Un kamikaze si è fatto esplodere oggi nel parcheggio della Corte Suprema di Kabul mentre il personale usciva al termine della giornata di lavoro. Il bilancio è di almeno 20 morti e una quarantina di feriti che, secondo Tolo TV, sono per la maggior parte civili.

Quando hanno potuto avvicinarsi al luogo dell’attacco nel quartiere di Macroryan, le telecamere delle tv afghane hanno mostrato il parcheggio insanguinato, con vari veicoli gravemente danneggiati fra cumuli di neve. I corpi delle vittime e dei feriti erano stati nel frattempo portati via.

I media hanno subito ricordato che è la seconda volta in poco più di tre anni e mezzo che il massimo tribunale afghano è al centro di un attacco. Nel giugno del 2013 infatti, un altro kamikaze attivò l’esplosivo che portava ne giubbotto, uccidendo 16 persone.

L’azione odierna sembra aver seguito un copione ben preciso, già utilizzato nel recente passato, e volto a colpire i “complici” che lavorano negli organismi del governo del presidente Ashraf Ghani. Meno di un mese fa, infatti, un duplice attentato ha provocato un’altra strage (almeno 51 morti) fra il personale del Parlamento della capitale.

Lo stesso Ghani ha duramente condannato l’azione terroristica, sottolineando che essa è “disumana ed ingiustificabile”, e che “i nemici dell’Afghanistan hanno ancora una volta mostrato in questo modo il loro disprezzo per la vita del popolo afghano”.

L’opinione pubblica è sgomenta per l’accaduto, perché ancora una volta sono venute alla luce le falle del meccanismo di sicurezza predisposto dal governo per l’area sensibile di Kabul. Visto che fra l’altro l’edificio della Corte Suprema si trova a poche centinaia di metri dall’ambasciata americana e da altre rappresentanze diplomatiche.

Inoltre che si tratti di talebani o della temibile Rete Haqqani questo nuovo attentato (non ancora rivendicato), è probabilmente un richiamo di attenzione per il nuovo presidente americano Donald Trump. E mostra come, nonostante gli auspici della diplomazia, sia ancora irto di ostacoli il cammino verso un processo di pace che metta fine a questa lunghissima guerra.

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