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Afghanistan: Msf chiude Kunduz, commesso crimine guerra

(Keystone-ATS) Di fronte all’orrore causato dal bombardamento “amico” del suo ospedale a Kunduz City, che è fuori uso con un bilancio di 22 morti, l’organizzazione Medici senza Frontiere (Msf) grida al “crimine di guerra”.

Annuncia inoltre di non poter più operare per ora nella città teatro dello scontro fra talebani e forze di sicurezza. Per questo la maggior parte del suo staff è stato trasferito altrove.

Secondo l’ultimo bilancio non ancora definitivo della tragedia riferito dalla stessa ong, il numero di morti nelle ultime ore è salito a 22: 12 membri dello staff e 10 pazienti (tre dei quali erano bambini), mentre i feriti sono 34.

Msf ha chiesto che venga condotta subito un’indagine sull’incidente da un’organismo indipendente “sulla base del chiaro presupposto che un crimine di guerra è stato commesso”. E nell’esprimere il suo cordoglio ai medici e civili rimasti uccisi in quello che ha chiamato un “tragico incidente”, il presidente Usa, Barack Obama, si è riservato di attendere i risultati dell’inchiesta del Pentagono prima di esprimere giudizi.

Dopo sei giorni, i media afghani non riferiscono più di scontri nel centro abitato, anche se si teme che gli insorti si siano nascosti in alcuni edifici attendendo la buona occasione per tornare ad attaccare. Due giornalisti di Tolo Tv hanno comunque verificato che “lentamente, la popolazione ritorna nelle strade, mentre alcuni rifugiati tornano dalle province vicine a casa”. Al Jazeera, citando fonti locali e giornalistiche, afferma che i circa 7000 militari che presidiano la città “si muovono con lentezza, perché ritengono che i combattenti talebani siano annidati nelle zone residenziali” e “devono rastrellare casa per casa”.

Ma intanto Msf non ha esitato a puntare subito il dito accusatore contro le forze militari americane dell’Alleanza, respingendo categoricamente le insinuazioni delle autorità afghane, che affermano che gli elicotteri che hanno attaccato avrebbero risposto ai mujaheddin dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, giunti in città lunedì scorso, che avrebbero sparato dall’ospedale contro i soldati governativi.

Nella loro ultima presa di posizione diffusa ai media i responsabili dell’organizzazione medica hanno sostenuto che l’attacco “ha costituito una grave violazione del diritto umanitario internazionale”, posizione questa condivisa anche dall’Onu e da Human Rights Watch (Hrw). E hanno replicato alle accuse formulate dal ministero della Difesa, secondo cui “i cancelli del compound dell’ospedale sono stati chiusi per tutta la notte, per cui al momento del bombardamento nell’edificio c’erano solo medici, membri dello staff di Msf, pazienti e personale di servizio.

Fonti giornalistiche a Kunduz City hanno invece segnalato che alcuni combattenti talebani avevano preso posizione all’interno di un ristorante e di un garage per il lavaggio di auto, le cui mura confinavano con quelle dell’ospedale. E che ciò può avere condizionato la decisione di autorizzare il raid.

In attesa che l’inchiesta delle autorità afghane e della Nato dia risposta all’accaduto, una responsabile di Msf ha chiarito all’ANSA che “l’ospedale è stato gravemente danneggiato e non è più operativo”. I pazienti in condizioni critiche, ha aggiunto, “sono stati trasferiti in altre strutture sanitarie e nessun membro dello staff di Msf lavora più nel nostro ospedale”.

“Parte del nostro personale medico – ha ancora detto – è andato a lavorare in due ospedali dove alcuni dei feriti sono stati trasferiti”. Altri membri dello staff “sono stati evacuati dalla città mentre altri sono rimasti a Kunduz City per controllare la struttura e rispondere alle necessità mediche della popolazione non appena le condizioni della sicurezza lo permetteranno”.

La decisione di sospendere l’attività appare comprensibile alla luce dell’accaduto, che ha pochi precedenti nella storia dei conflitti contemporanei, e che secondo fonti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite presenta gli estremi di una possibile denuncia per “crimini contro l’umanità”.

Al riguardo c’è la testimonianza di Lajos Zoltan Jecs, infermiera ungherese di Msf, che dormiva nell’ospedale di Kunduz City quando, ha detto, all’improvviso “è successo il finimondo”.

“È stato assolutamente terrificante”, ha assicurato. “Stavo dormendo quando sono stata svegliata da una esplosione enorme, e poi da un’altra e un’altra ancora, per 20-30 minuti. La gente fuggiva da ogni parte – ha raccontato -, i malati piangevano e urlavano. E sei pazienti nel pronto soccorso stavano bruciando nel loro letto”.

“Quando le bombe hanno smesso di cadere – ha concluso – siamo usciti all’esterno e abbiamo visto che l’ospedale era distrutto ed in fiamme. Una cosa terribile, e davvero scioccante”.

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