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Banche: verso leggi più restrittive

(Keystone-ATS) Le banche che presentano un rischio sistemico devono dotarsi di strumenti più efficaci – tra cui il rafforzamento dei mezzi propri – affinché lo Stato non debba più intervenire finanziariamente per salvarle da un eventuale tracollo. È quanto prevede la revisione della legge federale sulle banche all’esame della Camera dei cantoni. I dibattiti proseguiranno domani.

Nel corso della discussione odierna – interrotta dopo aver trattato i primi nove articoli della legge – la Camera dei cantoni ha espresso la speranza che simile riforma contribuisca ad infondere fiducia nel mondo economico in merito alla solidità dei grandi istituti di credito elvetici in caso di turbolenze finanziarie e ad evitare il ripetersi di quanto accaduto nel 2008 col la crisi di UBS.

La revisione mira a regolare il problema del “too big to fail”, ossia di quegli istituti troppo grandi per fallire dal momento che una eventuale défaillance di quest’ultimi potrebbe metterebbe in ginocchio un’interna economica.

In apertura, a nome della commissione il “senatore” Dick Marty (PLR/TI) ha dichiarato che la revisione della legge è il risultato del fallimento di Lehmann & Brothers del 2008, “un cataclisma di proporzioni storiche che ha sconvolto il mondo della finanza, obbligando gli Stati ad intervenire massicciamente nell’economia per salvare le banche – tra cui UBS – in barba ai principi liberali invocati fino a quel momento”. Secondo il “senatore” ticinese, simili sconvolgimenti sono il frutto dell’avidità, di speculazioni azzardate, di un atteggiamento che pone il guadagno al di sopra di tutto.

Alain Berset (PS/FR) e Anita Fetz (PS/BS) hanno messo in luce come le grandi banche godano de facto di una garanzia statale. “Chi non vorrebbe investire potendo contare su una tale ciambella di salvataggio?”, si è chiesto Berset, sottolineando come questa situazione debba essere cambiata perché vi è il rischio che, se tutto dovesse rimanere come ora, le grandi banche vengano incitate a fare il passo più lungo della gamba.

Pur dicendosi favorevole ad un inasprimento della legge, una minoranza ha sostenuto che le banche avranno difficoltà a rispettare le richieste circa l’incremento dei fondi propri, che per gli esperti dovrebbero raggiungere complessivamente il 19% degli attivi ponderati in funzione dei rischi.

Nell’intento di mitigare queste esigenze, una minoranza ha quindi chiesto che i fondi propri venissero calcolati a livello di gruppo, senza menzionare la casa madre come prevede la legge in vigore, anche per evitare che le grandi banche svizzere – leggi UBS e Credit Suisse – vengano rispetto agli istituti esteri. Una richiesta combattuta sia da Marty che dalla Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, secondo cui una simile soluzione rischia di svuotare di contenuto l’intera revisione.

Con la soluzione della minoranza, hanno argomentato, vi è il rischio che, in caso di crisi, una istituto in difficoltà non possa far capo ai fondi per un eventuale salvataggio perché conservati all’estero. La ministra ha ricordato il caso UBS: il governo è intervenuto perché Ubs Svizzera no aveva fondi a sufficienza, fondi invece disponibili a livello di gruppo. Al voto l’ha spuntata per 28 voti a 13 la versione difesa dalla commissione e dal governo.

Nel corso del dibattito, gli Stati hanno anche deciso per 26 voti a 14 di conferire alla Banca nazionale il compito di determinare le banche che presentano un rischio sistemico. Una minoranza avrebbe voleva trasferire questa incombenza al Consiglio federale.

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