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Barclays affonda in borsa dopo conti e taglio cedola

(Keystone-ATS) Barclays precipita in borsa a Londra sulla scia di un quadro negativo dei conti 2015 e a dispetto di un rilancio del piano di riorganizzazione che prevede ora la liquidazione di buona parte della rete africana e il taglio del dividendo per il 2016 e il 2017.

Il colosso bancario britannico, il cui titolo sprofonda ai minimi degli ultimi tre anni, ha accusato oggi una caduta dell’11% sul mercato azionario (-30% nell’ultimo anno).

Colpà di un quarto trimestre del 2015 chiuso con un utile di 247 milioni di sterline (318 milioni di euro), ma in calo del 56% rispetto allo stesso periodo del 2014 e ben al di sotto dei 519 milioni attesi dagli analisti. Mentre su base annua si è registrata una perdita netta di 390 milioni di sterline, dopo i 174 del 2014. A pesare sono fra l’altro gli accantonamenti da ben 1,45 miliardi, necessari soprattutto per coprire le Ppi: polizze sui mutui di fatto inesigibili che alcuni giornali del regno hanno ribattezzato “polizze-truffa”.

Già multata per lo scandalo Libor e tuttora sotto inchiesta negli Usa, Barclays si affida ora alla cura del nuovo amministratore delegato Jes Staley, al timone della nave da dicembre, e alla promessa di un’accelerazione dei progetti di ristrutturazione. Per cominciare l’ad ha annunciato che verrà messo in vendita il 62% di Barclays Africa, la divisione africana della holding, che rappresenta il 9,5% degli asset ponderati per il rischio (risk-weighted asset). Un mercato che il predecessore di Staley, Antony Jenkins – silurato a luglio dopo aver avviato una sorta di operazione trasparenza, ma anche dopo aver incassato un ultimo bonus da 500.000 sterline in aggiunta a una retribuzione annuale da 3,4 milioni – aveva indicato non molti mesi fa come promettente e strategico.

La misura, assieme al dimezzamento abbondante a 3 pence del dividendo agli azionisti per il prossimo biennio e al taglio del 10% dei bonus ai dipendenti, servirà ad aumentare di un punto percentuale l’indice core tier 1, salito all’11,4% a fine 2015 dal 10,3 del 2014. Poco più di un mese fa Barclays – alle prese come altri grandi gruppi bancari internazionali con sede nella City anche con le incertezze legate al referendum sulla Brexit del 23 giugno e all’ipotetico divorzio fra Gran Bretagna e Ue – aveva inoltre annunciato il taglio di 1.200 posti di lavoro, l’uscita da 7 Paesi in Asia, un congelamento delle assunzioni.

Più in generale, Staley intende concentrare il core business su retail banking e corporate investment e sui mercati britannico e americano (dopo le dismissioni già attuate in Europa continentale, Italia compresa). E far scendere in tempi brevi il rapporto costi-ricavi dall’81% attuale a un 60%.

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