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Borse studio, bocciare iniziativa dice governo

(Keystone-ATS) Il Consiglio federale ha invitato oggi popolo e cantoni a respingere l’iniziativa popolare dell’Unione svizzera degli universitari (USU) in votazione il 14 giugno.

Per Governo e parlamento, ha dichiarato stamane il consigliere federale Johann Schneider-Ammann nel corso di una conferenza stampa “lampo” (appena 15 minuti) – vanno armonizzati i criteri che danno accesso a un sostegno finanziario, così come prevede la revisione della Legge sui sussidi all’istruzione, controprogetto indiretto alla proposta degli universitari che entrerà in vigore se l’iniziativa verrà respinta alle urne.

Stando al capo del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR), l’iniziativa si propone invece di scombussolare da cima a fondo l’attuale sistema delle borse di studio e dei prestiti basato sulla sussidiarietà tra Confederazione e cantoni, con la prima che contribuisce con somme globali, mentre i cantoni decidono sull’ammontare concreto degli aiuti ai singoli studenti.

Pur sostenendo di capire gli obiettivi dell’USU in merito all’uguaglianza delle possibilità circa l’accesso agli studi superiori, il ministro della formazione giudica che il sistema in vigore abbia dato finora buona prova di sé: in un raffronto internazionale, gli studenti elvetici beneficiano di aiuti superiori alle media e hanno meno problemi economici rispetto ai coetanei, anche perché sovente lavorano per mantenersi. Quest’ultimo aspetto rispecchia, per Schneider-Ammann, il tradizionale valore elvetico della responsabilità individuale.

La centralizzazione ha tuttavia un altro svantaggio non indifferente, ha sottolineato il consigliere federale bernese: costerebbe alle casse federali da 450 a 500 milioni di franchi l’anno, come indicato dalla stessa USU. Visti anche i programmi di risparmi alle porte, l’iniziativa giunge insomma in un periodo poco propizio per ulteriori spese.

Se approvata alle urne, l’iniziativa obbligherebbe il Consiglio federale a compensare le nuove uscite, magari con tagli alla stessa formazione. Schneider-Ammann ha ricordato che ogni anno la Confederazione spende mezzo miliardo per sostenere le Scuole universitarie professionali.

Anche per il consigliere di stato di Basilea Città Christoph Eymann, presidente della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione, l’iniziativa dell’USU giunge nel momento sbagliato, poiché rischia di paralizzare gli sforzi compiuti finora dai cantoni nel settore delle borse e prestiti si studio con l’apposito concordato, entrato in vigore nel 2013 e sottoscritto finora da 16 cantoni.

Il concordato, ha rammentato, prevede standard minimi per quanto riguarda i criteri d’accesso agli aiuti statali e i contributi minimi agli studenti del settore secondario (12 mila franchi annui) e terziario (16 mila franchi annui), tutti obiettivi da realizzare entro il 2018. Per Eymann si tratta di un grosso passo in avanti che risponde in gran parte ai desideri dell’USU. Attualmente 19 cantoni hanno introdotto importi minimi mentre nel 2005, anno d’inizio dei lavori per il concordato, erano solo due.

Eymann ha poi ricordato che, col favorire finanziariamente il settore terziario, si rischiano contraccolpi negativi a livello di scuole secondarie (licei, ecc.), proprio quelle istituzioni che rappresentano l’anticamera d’accesso agli studi accademici.

A suo avviso, inoltre, è importante che ai cantoni venga lasciato un un certo margine di manovra in materia, poiché conoscono meglio la situazione locale. anche a livello del costo della vita. A tale riguardo, Schneider-Ammann ha ricordato l’esistenza di varie forme di sostegno cantonale alle famiglie con figli agli studi di cui l’iniziativa non tiene conto.

Per Schneider-Ammann, se approvata l’iniziativa popolare rischia di interrompere il processo di adesione al concordato da parte dei cantoni nell’attesa che venga messa a punto una nuova legislazione federale in materia. Tale processo potrebbe durare anni e a farne le spese in ultima analisi sarebbero gli stessi studenti. Un no all’iniziativa è una condizione invece indispensabile per l’entrata in vigore del controprogetto indiretto, ha sottolineato il ministro della formazione e della ricerca.

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