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Centrali nucleari, nessun limite massimo d’esercizio

(Keystone-ATS) Nonostante gli appelli al senso di responsabilità provenienti dalla sinistra, il Consiglio nazionale ha deciso oggi di non inserire nella legge sull’energia nucleare un limite massimo d’esercizio per gli impianti più vecchi.

No anche all’obbligo per i gestori delle strutture più recenti di presentare un piano a lungo termine.

Nell’ambito del dibattito (ora a livello di divergenze) sulla Strategia energetica 2050, progetto mediante il quale Governo e Parlamento intendono traghettare il Paese fuori dall’energia nucleare promuovendo le energie rinnovabili, il Consiglio degli Stati aveva già rinunciato a queste due condizioni lo scorso settembre, affrontando il tema quale seconda Camera.

In prima lettura, invece, la Camera del popolo si era espressa per condizioni più severe. Durante la sessione invernale del 2014, il Nazionale aveva deciso di limitare a 60 anni l’esercizio delle centrali più vecchie, come Beznau I e II (chiusura, rispettivamente, nel 2029 e nel 2031), evitando di porre un limite all’esercizio dei reattori in rete da meno di 40 anni (Gösgen aperta nel 1979 e Leibstadt nel 1984).

I gestori di quest’ultimi impianti sarebbero però stati obbligati, entro i primi 38 anni di esercizio, a presentare un piano di gestione a lunga scadenza rinnovabile di dieci anni in dieci anni, previo benestare dell’Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN).

In seguito allo scivolamento a destra del Parlamento scaturito dalle elezioni federali dello scorso autunno, il Nazionale ha cambiato posizione radicalmente. Per 118 voti a 77 ha respinto la proposta di un piano di gestione a lunga scadenza e per 131 voti a 64 ha detto “no” a un limite temporale all’esercizio delle centrali più vecchie.

Disposizioni attuali sufficienti

A nulla sono valsi gli appelli del campo rosso-verde per l’adozione di paletti rigidi. “Se decidete di non segnalare all’IFSN un limite temporale preciso vi assumete una grande responsabilità in caso di incidente”, ha dichiarato Martin Bäumle (Verdi liberali/ZH) rivolto alla destra.

Diversi oratori hanno ricordato la forte densità demografica dell’Altipiano, dove sono ubicate le centrali, e le enormi difficoltà legate all’evacuazione di migliaia di persone in caso di catastrofi. Col passare degli anni, il pericolo di incidenti cresce.

Per il campo “borghese”, le disposizioni legislative in vigore sono sufficienti. “Non ci sono volute leggi supplementari all’Ispettorato federale della sicurezza nucleare per decretare la chiusura nel 2019 della centrale di Mühleberg – terza centrale più vecchia della Svizzera che produce corrente dal 1972, n.d.r – “, ha dichiarato in aula Christian Wasserfallen (PLR/BE), aggiungendo che gli impianti elvetici sono sicuri.

Sostegno a centrali idroelettriche

Al pari del Consiglio degli Stati, il Nazionale si è detto a favore di un sostegno pubblico per le grandi centrali idroelettriche. Diversamente dai “senatori”, la Camera del popolo intende però aiutare solo quegli impianti in difficoltà a causa dei prezzi troppo bassi per la corrente.

Le strutture con una potenza superiore a 10 MW, dovrebbero poter beneficiare di un premio massimo di 1 ct./kWh per l’elettricità che hanno dovuto vendere sul libero mercato a un prezzo inferiore ai costi di produzione. L’aiuto verrebbe finanziato mediante un prelievo dal fondo per il supplemento di rete che non potrà superare 0,2 ct./kWh.

Seguendo l’esempio degli Stati, il Nazionale ha in seguito deciso di rinunciare a introdurre prescrizioni in materia di efficienza per il consumo di elettricità.

La Camera del popolo ha poi stabilito che il supplemento rete (che serve anche al finanziamento della RIC) dovrà aumentare al limite massimo di 2,3 centesimi/kWh già un anno dopo l’entrata in vigore della normativa per poi essere ridotto in un secondo tempo in funzione del fabbisogno.

Energie pulite, obiettivi non vanno ridimensionati

Diversamente dal Consiglio degli Stati, il Nazionale ha ribadito l’obiettivo, condiviso dal Consiglio federale di raggiungere entro il 2035 la soglia dei 14’500 GWh di corrente proveniente da fonti rinnovabili. Una minoranza di destra (UDC e PLR) si è battuta invece per un obiettivo inferiore, ossia 11’400 GWh, come deciso dagli Stati.

Con un voto un po’ a sorpresa (104 a 88), il plenum ha in seguito deciso di sostenere una proposta di minoranza di Silva Semadeni (PS/GR) volta ad escludere dal sistema di rimunerazione per l’immissione di elettricità (RIC) le centrali idroelettriche con una potenza inferiore a 1MW. Gli Stati e il Governo si sono detti a favore di un sostegno per gli impianti con una potenza compresa tra i 300 kW e i 10 MW (10’000 kW).

Per la maggioranza, non vale la pena sostenere finanziariamente le piccole centrali con una potenza inferiore a 1MW visto che contribuiscono solo marginalmente alla produzione di elettricità e causano non pochi problemi ambientali alla fauna ittica dei fiumi.

Centrali in zone protette

La Strategia energetica 2050 prevede che, in futuro, dovrebbe essere possibile realizzare centrali idroelettriche e di pompaggio/turbinaggio a partire da una certa taglia o importanza in zone naturali protette, esclusi i biotopi di importanza nazionale – 2% del territorio nazionale – e le riserve di selvaggina e per gli uccelli migratori.

Per 101 voti a 93, la Camera del popolo ha ribadito che l’interesse nazionale alla realizzazione di un progetto di costruzione o ingrandimento venga considerato equivalente agli altri interessi in gioco, come la protezione del paesaggio. La versione governativa prevede una formulazione più sfumata (per non urtare eccessivamente le associazioni ambientaliste), ossia che l’interesse nazionale deve “in linea di principio essere considerato come equivalente…”.

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