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Città svizzere chiedono equa ripartizione delle spese

(Keystone-ATS) L’Unione delle città svizzere (USC) chiede al Consiglio federale di attuare l’iniziativa contro l’immigrazione di massa nel rispetto degli accordi bilaterali siglati con l’Unione europea.

Sul tema si potrebbe anche prendere in considerazione l’eventualità di una nuova votazione popolare, secondo il presidente dell’USC Kurt Fluri.

“Lo spirito di apertura e lo scambio di idee e di cervelli sono le condizioni essenziali per la prosperità economica delle città”, ha detto il consigliere nazionale Kurt Fluri (PLR/SO) in una conferenza stampa a Berna, precisando che l’iniziativa in questione va a colpire proprio questo punto centrale.

L’USC ha giudicato in modo contrastato il bilancio della presente legislatura, che giunge a scadenza a fine novembre. Aspetti positivi sono stati riscontrati in merito alla politica di integrazione, grazie alla buona collaborazione tra Confederazione, cantoni e comuni, che ha permesso di evitare la formazione di ghetti anche in quegli agglomerati in cui la presenza di stranieri è più forte. Commenti positivi sono stati espressi anche in tema di trasporti e di pianificazione del territorio.

Critiche sono invece state formulate riguardo alla terza revisione della tassazione delle imprese, che avrà “massicce conseguenze dirette sugli introiti fiscali delle città e dei comuni”, ha detto Fluri, che è anche sindaco di Soletta. In questo campo sono necessarie misure di compensazione, anche perché l’indebitamento delle città, diversamente da quanto accade per Confederazione e Cantoni, tende ad aumentare.

Le statistiche indicano che la Confederazione tra il 2003 e il 2013 è stata in grado di diminuire i suoi debiti di 12 miliardi e i cantoni di 8,4 miliardi, mentre le 51 città prese in considerazione hanno visto il peso dell’indebitamento aumentare di 4,5 miliardi.

In queste circostanze “è difficile credere che Confederazione e cantoni non abbiano abbattuto i debiti a spese delle città”, ha detto Fluri. L’USC chiede quindi una ridistribuzione equa della spesa sociale, che non può essere scaricata unilateralmente sulle città e sui comuni.

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