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Clonazione animali: primo stop da Europarlamento

(Keystone-ATS) No alla clonazione di animali per la produzione alimentare, inclusi i loro discendenti e materiale da riproduzione, e no agli alimenti derivati come latte e carne, nell’Unione europea. Niente import anche da Paesi terzi. Lo ha deciso l’europarlamento.

Questo il messaggio che arriva oggi dal voto congiunto delle commissioni agricoltura e ambiente dell’Europarlamento, approvato a larga maggioranza (82 voti favorevoli, 8 contrari e 8 astensioni). La palla passa adesso alla plenaria, il prossimo settembre.

“Con il voto di oggi speriamo di aver mandato un segnale forte alla Commissione europea”, ha detto Giulia Moi (Movimento 5 Stelle, M5S), relatrice del provvedimento in commissione agricoltura, secondo cui “in questo modo verranno tutelati i cittadini e la loro salute”. “Abbiamo deciso che non avremo una direttiva ma un regolamento, così la legge sarà uguale in tutti i Paesi” ha aggiunto la collega tedesca Renate Sommer (Partito popolare europeo, Ppe), relatrice in commissione ambiente, precisando che rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea gli eurodeputati chiedono “un divieto più ampio, per motivi di coerenza”.

Moi ha spiegato di aver passato in rassegna la ricerca raccolta dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e secondo l’eurodeputata pentastellata il risultato è che “i dati sono labili dal punto di vista scientifico: loro suppongono che latte e carne derivati da animali clonati non siano dannosi, ma non hanno dati, a livello genetico ci sono ancora dei punti interrogativi”. Quindi “fino a quando non ci saranno prove certe scientifiche al 100% noi ci opporremo, gli europei non verranno usati come cavie” ha concluso Moi.

“Speriamo che la plenaria possa dare un mandato forte per negoziare con il Consiglio: alcuni Stati membri sono contrari e altri dal punto di vista tecnico sono positivi, ma non conosciamo una posizione comune”, ha detto Sommer, secondo cui anche la Commissione europea su questo fronte “teme di avere problemi con l’Organizzazione mondiale per il commercio”.

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