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Coronavirus: “280 pazienti collegati a respiratore”, Koch

Il capo della Divisione malattie trasmissibili dell'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) Daniel Koch KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) Attualmente in Svizzera ci sono 280 persone collegate a un respiratore. È tantissimo per un Paese come il nostro, ha affermato in conferenza stampa a Berna Daniel Koch, capo della Divisione malattie trasmissibili dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).

Per quanto riguarda i decessi, Koch ha precisato che finora si è essenzialmente trattato di persone a rischio, in gran parte anziani, che sovente avevano espresso chiaramente il desiderio di non essere rianimati in caso di condizioni critiche. Ci sono anche rari casi relativi a persone non considerate a rischio, ha aggiunto su espressa domanda, precisando però che questi esistono per qualsiasi patologia.

Koch ha pure parlato di nuovi test disponibili dalla prossima settimana, che dovrebbero consentire di determinare se una persona ha già avuto la malattia. Saranno impiegati su larga scala per determinare l’immunità della popolazione, ha aggiunto.

Interpellato sulla situazione nei centri per richiedenti asilo, Koch ha rilevato che le misure adottate contro la diffusione del virus sembrano funzionare. Finora non ci sono stati molti contagi, ha aggiunto. “Ciononostante, in alcuni centri è ancora difficile mantenere le distanze e attuare le misure”.

Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch, direttrice della Segreteria di Stato dell’economia (Seco), ha dal canto suo fornito alcune cifre relative al lavoro ridotto. Fino a ieri sera erano state inoltrate complessivamente 757’000 richieste di questo tipo. Il dato riguarda il 15% di tutti gli occupati in Svizzera, mentre spicca il fatto che in Ticino la percentuale salga al 39%.

Interpellata sull’aumento della disoccupazione, la direttrice della Seco ha annunciato che dal 15 marzo il numero dei disoccupati è cresciuto dello 0,3%, mentre quello delle persone in cerca di lavoro dello 0,5%.

Per quanto riguarda i crediti ponte per le aziende, sono state finora evase 15’930 richieste. Il documento per l’ottenimento di questo aiuto è stato però scaricato oltre 130’000 volte.

La situazione dei dispositivi di protezione bloccati al confine è invece migliorata, ha aggiunto Ineichen-Fleisch. La maggior parte delle merci è in viaggio o già in Svizzera. Ci sono però altri problemi, per esempio con le formalità doganali. Inoltre, ha spiegato, in tutto il mondo manca la capacità di trasporto e di produzione. È quindi necessario innanzitutto assicurarsi che le catene di fornitura funzionino correttamente.

Il punto sulla situazione degli svizzeri all’estero è stato fatto da Johannes Matyassy, capo della Direzione consolare del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Cinque voli dall’America Latina e dall’Africa hanno permesso di riportare in patria 1400 svizzeri finora bloccati e non più in grado di organizzare il loro ritorno a causa delle restrizioni. Nei prossimi giorni ne sono previsti altri.

Christian Bock, direttore dell’Amministrazione federale delle dogane (AFD), ha affermato che la popolazione accetta piuttosto bene le restrizioni al confine. Ci sono comunque eccezioni. Alcuni, sembrano non aver capito che non è il momento giusto per andare a fare shopping o pieno oltre il confine. Gli svizzeri possono attraversare i confini solo per motivi commerciali, ha ricordato, sottolineando che “le frontiere sono davvero chiuse”.

Circa 24’000 persone non hanno ricevuto il permesso di entrare in Svizzera, ciò che rappresenta un aumento di 11’000 casi da lunedì. Il traffico merci è scorrevole. L’obiettivo è quello di semplificare le procedure amministrative alla dogana. L’esercito sostiene le guardie di confine, perché tutti i viaggiatori devono essere controllati. Ulteriori informazioni in merito saranno fornite martedì.

Sempre in merito all’esercito, sono stati prolungati alcuni corsi di ripetizione fino al 30 giugno a causa della pandemia. Circa 3000 soldati rimarranno pertanto in servizio per tre mesi invece che per tre settimane, ha dichiarato il brigadiere Raynald Droz. La decisione riguarda le truppe sanitarie.

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