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Credit Suisse: perdita di 983 milioni nel 2017

La riforma fiscale di Donald Trump ha pesato sui risultati del quarto trimestre di Credit Suisse. KEYSTONE/WALTER BIERI sda-ats

(Keystone-ATS) Ancora cifre rosse per Credit Suisse nel 2017. La seconda banca elvetica ha comunicato oggi di aver accusato lo scorso anno una perdita netta di 983 milioni di franchi, dopo un buco di 2,7 miliardi nel 2016.

Come previsto, l’istituto finanziario è stato penalizzato da svalutazioni da imputare alla riforma fiscale americana.

L’utile prima delle tasse si è elevato a 1,8 miliardi, contro il deficit di 2,3 miliardi del 2016, precisa Credit Suisse in una nota. Senza gli effetti straordinari esso è salito del 349% a 2,8 miliardi di franchi. I ricavi netti sono cresciuti del 3% (+5% in termini aggiustati) a 20,9 miliardi. A fine dicembre i patrimoni in gestione ammontavano a 1’376,1 miliardi, a fronte di 1’344,8 miliardi a fine settembre. La quota di fondi propri (CET1) è scesa dal 13,2% alla fine del terzo trimestre al 12,8% a fine anno, mentre il leverage ratio è rimasto stabile al 3,8%.

Nel solo quarto trimestre, la perdita netta si è stabilita a 2,1 miliardi (2,6 miliardi in precedenza) e l’utile ante-imposte a 141 milioni, contro un rosso di 2,2 miliardi dodici mesi prima. I ricavi netti sono rimasti invariati a 5,2 miliardi di franchi.

Complessivamente le cifre trimestrali superano le attese degli analisti consultati dall’agenzia awp, i quali prospettavano mediamente una perdita netta di 2,2 miliardi, un utile ante-imposte di 133 milioni e ricavi pari a 5 miliardi. Alla Borsa svizzera il titolo è in forte rialzo.

In dicembre l’istituto aveva comunicato che dovrebbe registrare una svalutazione di 2,3 miliardi di franchi nel corso del quarto trimestre del 2017 a causa della riforma fiscale adottata negli Stati Uniti, precisando comunque che la perdita è definita un aggiustamento contabile una tantum, con un impatto minimo sui fondi propri regolamentari. Presso UBS le stesse rettifiche di valore sono ammontate a 2,9 miliardi.

La riforma fiscale decisa dall’amministrazione Trump ha abbassato il tasso d’imposizione delle società dal 35% al 21%, causando una ribasso del valore delle imposte differite attive. Malgrado ciò, Credit Suisse si attende una crescita degli affari in seguito a questa manovra di Washington.

Secondo il CEO della banca zurighese Tidjane Thiam, il 2017 è stato cruciale all’interno del piano di ristrutturazione spalmato su tre anni. “Per noi è stato essenziale provare che la nostra nuova struttura è efficace e che la strategia definita nel 2015 porta i suoi frutti”, sottolinea il franco-ivoriano citato nella nota. Davanti ai media egli ha aggiunto che “il nostro focus è di aumentare i ricavi e ridurre i costi. Fare maggiori profitti con meno capitali”.

Lo scorso anno i costi d’esercizio si sono attestati a 17,7 miliardi di franchi a tassi di cambio reali e a 18 miliardi a corsi costanti (base 2015). L’obiettivo relativo alla riduzione delle spese è stato raggiunto per il periodo in rassegna e su due anni risultano già economie nette pari a 3,6 miliardi a tassi di cambio reali e 3,2 miliardi a tassi costanti. L’obiettivo finale sono risparmi pari a oltre 4,2 miliardi a fine 2018.

In vista dell’assemblea generale del 27 aprile viene prospettato un dividendo di 25 centesimi in contanti per azione, a fronte di 70 centesimi in contanti o titoli versati per l’esercizio 2016. Il consiglio d’amministrazione propone inoltre l’elezione di Michael Klein e Ana Paula Pessoa quali nuovi membri dell’organo di sorveglianza dopo il ritiro di Richard Thornburgh.

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