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CSt: omicidio passionale, studiare possibile stralcio da CP

La Consigliera agli Stati Marina Carobbio (PS/TI). KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) La proposta di sostituire l'”omicidio passionale” presente nel Codice penale (CP) con una definizione neutra merita di essere studiata.

Ne è convinto il Consiglio degli Stati che ha deciso oggi di rinviare in commissione, per un’esame approfondito, una mozione di Marina Carobbio (PS/TI), che il Consiglio federale chiedeva di respingere.

Nella sua mozione, la “senatrice” ticinese auspica la correzione dell’articolo 113 del CP affinché il riferimento alla passione venga eliminato nella versione italiana e francese a favore di un termine neutro, come già in essere nella versione tedesca nella quale si parla di “Totschlag”.

Per Carobbio, il CP definisce “passionale” l’omicidio commesso “cedendo a una violenta commozione dell’animo scusabile per le circostanze o in stato di profonda commozione” e prevede per questo crimine una pena minima inferiore a quella dell’omicidio intenzionale.

A detta della consigliera agli Stati, i media utilizzano spesso i termini omicidio “passionale” o delitto “passionale” per riferire di un omicidio tra (ex) partner dove spesso la vittima è la donna. Il movente è qualificato utilizzando lo stesso aggettivo presente nel codice, il cui uso può creare un effetto di attenuazione della responsabilità di chi compie l’atto omicida.

L’uso e abuso del termine “omicidio passionale” nella lingua corrente associa al crimine la passione quale agente scatenante, suscettibile di giustificare gesti di violenza grave fino alla soppressione della vita dell’altro.

Ciò risulta in contrasto con la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) entrata in vigore in Svizzera nel 2018.

Essa stabilisce che occorre considerare come un’aggravante il fatto che il reato sia “commesso contro l’attuale o l’ex coniuge o partner, come riconosciuto dal diritto nazionale, da un membro della famiglia, dal convivente della vittima, o da una persona che ha abusato della propria autorità”.

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