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CSt: pressioni italiane, banche poco tutelate da governo federale

Il consigliere agli Stati ticinese Fabio Abate KEYSTONE/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) Il Consiglio federale fa troppo poco per tutelare le banche, specie quelle operanti in Ticino alle prese con i metodi arbitrari, e forse illegali, dell’Agenzia italiana delle entrate.

È quanto ha dichiarato oggi il “senatore” Fabio Abate (PLR/TI) a Keystone-ATS dopo la risposta, da lui giudicata insoddisfacente, a una sua interpellanza da parte del Consigliere federale Ueli Maurer, in merito al questionario inviato da Roma agli istituti di credito in cui si chiedono informazioni sugli affari transfrontalieri di quest’ultimi con la clientela italiana.

In merito alle richieste dell’Agenzia delle entrate di ottenere informazioni anche sui collaboratori delle banche, Maurer ha ribadito che gli istituti devono rispettare le disposizioni elvetiche sulla protezione dei dati e che un’eventuale cessione di informazioni può avvenire solo col consenso dei diretti interessati.

La controparte italiana è già stata informata dalla Segreteria di Stato su questi aspetti e domani ci sarà un incontro con le banche coinvolte, ha spiegato Maurer. Questi ha poi aggiunto che alcuni istituti si sono già attivati per conto proprio.

Un aspetto, quest’ultimo, che ha fatto arricciare il naso ad Abate, secondo cui un simile comportamento è anche il risultato della passività di Berna nei confronti di quanto sta accadendo. Agendo in questo modo, però, “le stesse banche impediscono la ricerca di una soluzione comune”. La banche dovrebbero coordinarsi, anche se Maurer “fa di tutto per schivare l’oliva”.

Non mi risulta, ha poi puntualizzato Abate, che un organismo straniero possa rivolgersi direttamente a dei privati senza passare dai canali ufficiali. Stando a Maurer, infatti, l’Amministrazione federale delle contribuzioni è stata ignorata dal momento che il questionario sotto accusa non rappresenta una domanda di assistenza amministrativa.

Per Abate, l’invio del questionario da parte dell’Agenzia italiana delle entrate – dove a suo parere i sentimenti nei confronti della piazza finanziaria ticinese non sono dei più amichevoli – è solo un modo per far pressione sulle banche: “è la solita storia”, insomma. C’è poi il rischio che gli istituti paghino due volte tasse sui redditi generati da determinate operazioni.

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