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CSt: trisomia 21, sì ad analisi su embrioni in vitro

(Keystone-ATS) In futuro dovrebbe essere permessa l’analisi dell’ovulo fecondato per determinare la presenza di anomalie cromosomiche, come la trisomia 21, e non solo di malattie genetiche gravi ereditarie, come la mucoviscidosi. Lo ha deciso oggi il Consiglio degli Stati per 27 voti a 18 affrontando a livello di divergenza la legge sulla medicina della procreazione. Il dossier ritorna al Consiglio nazionale.

Dopo che la Camera dei cantoni si era pronunciata una prima volta per la versione restrittiva preparata dal Consiglio federale, oggi il plenum ha preferito appianare questa differenza col Nazionale, espressosi per una prassi più liberale in materia.

A nome della commissione, Felix Gutzwiller (PLR/ZH) ha sostenuto la necessità di dotare la Confederazione di una legge al passo coi tempi, che permetta a centinaia di coppie che ricorrono alla fecondazione in vitro di effettuare, se necessario, lo screening cromosomico per determinare la presenza o meno di aberrazioni genetiche negli embrioni destinati all’impianto.

Attualmente, molte coppie si recano all’estero per ottenere ciò che da noi non è possibile per legge, ha dichiarato il “senatore” zurighese. Si tratta anche di eliminare un’incoerenza di fondo, per Gutzwiller, “dal momento che la legge attuale permette le stesse analisi sul feto, il cui risultato può anche spingere una donna ad abortire, epilogo evitabile con la soluzione proposta dal Nazionale”.

A nome di una minoranza, Ivo Bischofberger (PPD/AI) ha respinto questa liberalizzazione che allargherà a dismisura – da un centinaio a diverse migliaia – il numero di coppie potenziali che potrebbe ricorrere alla diagnosi preimpianto. Questa eventualità indebolisce inoltre la protezione giuridica di cui gode l’embrione a livello costituzionale, ha sottolineato l’esponente democristiano. Inoltre, aumenterà la pressione sociale sulle coppie affinché ricorrano a simili metodi per evitare di mettere al mondo un bimbo disabile.

“Col metodo proposto dal Nazionale la selezione degli embrioni rischia di diventare la regola”, ha rincarato Brigitte Haeberli-Koller (PPD/TG), prospettando un futuro in cui bambini disabili potrebbero avere problemi con le assicurazioni solo perché i genitori non hanno fatto ricorso alla diagnosi preimpianto. Haberli-Koller ha anche denunciato il carattere “impersonale” di una selezione in laboratorio, rispetto alla situazione di una donna incinta confrontata con la prospettive di abortire dopo un esame genetico infausto.

Quest’ultima considerazione non è piaciuta ad Anita Fetz (PS/BS), che ha giudicato “cinico” il ragionamento della collega democristiana. “Non si possono portare avanti gravidanza per prova per poi dover abortire se le cose vanno male, quando è possibile evitare tutto ciò, comprese le sofferenze connesse ad un simile atto”, ha affermato la “senatrice” basilese.

Quanto alle critiche espresse dalle associazioni dei disabili, Fetz ha detto di comprendere coloro che temono un incremento dell’intolleranza della società nei riguardi degli handicappati, ma ha anche ribadito che il dovere del parlamento è di proteggere e sostenere queste persone.

Stando a Anne Seydoux-Christe (PPD/JU), nei paesi dove lo screening cromosomico è permesso non sin sono verificati abusi. “Questi test non rispondono a un capriccio delle coppie, ma alle angosce di chi è magari già genitore di un bimbo disabile”, ha affermato. Per Christine Egerszegi-Obrist (PLR/AG), la legalizzazione dell’aborto non è sfociata in un incremento delle interruzioni di gravidanza benché già all’epoca sia stato agitato lo spettro della selezione.

Nel suo intervento, il consigliere federale Alain Berset ha difeso la soluzione restrittiva proposta dal Governo. Il ministro della sanità ha messo in guardia dalla forte estensione della cerchia di persone – fino a 6 mila – che potrebbero ricorrere allo screening cromosomico. Berset ha anche paventato una deriva eugenetica.

Nonostante gli inviti della minoranza, sostenuta dal ministro friburghese, il plenum ha infine approvato la versione della sua commissione che coincide con la decisione del Nazionale. Con quest’ultima camere permangono tuttavia ancora due divergenze.

Per 22 voti a 20, gli Stati hanno infatti deciso di limitare a 12 il numero di embrioni che si possono creare in provetta per la procreazione assistita, indipendentemente dal fatto che il patrimonio genetico venga esaminato o meno. Il Nazionale non aveva voluto fissare alcun tetto massimo al riguardo. Géraldine Savary (PS/VD) ha sostenuto che si tratta di una soluzione di compromesso, volta ad evitare la produzione di embrioni in eccesso.

Diversamente dal Nazionale, inoltre, gli Stati hanno ribadito la liceità dell’uso di spermatozoi per la fecondazione in vitro provenienti da donatori deceduti.

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