Cura dimagrante per banche UE
(Keystone-ATS) Nuova cura dimagrante in vista per le banche europee: dopo aver ‘ristrettò i propri bilanci di 2.900 miliardi di euro dal maggio 2012, gli istituti dovranno ridurre i propri asset di altri 3.200 miliardi di euro entro il 2018 per soddisfare i requisiti di Basilea III. Il conto più salato ricadrà sulle banche più piccole e il rischio è quello di una stretta del credito alle piccole e medie imprese.
A scattare la fotografia del sistema creditizio del Vecchio Continente è uno studio di Royal Bank of Scotland – riportato dal Financial Times -, dal quale emerge come a cinque anni dalla crisi le banche europee sono ancora ‘too big to fail’.
In vista dell’entrata in vigore delle nuove norme e alle prese con utili sotto pressione, gli istituti di credito corrono ai ripari: nel 2012 hanno ridotto gli sportelli in Europa di 5.500 unità dopo i 7.200 tagliati nel 2011: complessivamente negli ultimi quattro anni (fino alla fine del 2012), le banche hanno ridotto i propri sportelli dell’8% a 218.687, uno ogni 2.300 persone, approfittando del cambio delle abitudini dei consumatori, che sempre più ricorrono ai servizi bancari online e per telefono.
Per soddisfare i criteri di Basilea III, le grandi banche europee dovranno ridurre i propri asset di 661 miliardi di euro e generare 47 miliardi di euro di capitali freschi nei prossimi cinque anni.
Deutsche Bank, Credit Agricole e Barclays sono gli istiutit che – secondo lo studio di Royal Bank of Scotland – avranno bisogno di raccogliere maggiori capitali. Ma saranno le banche più piccole quelle su cui i ‘taglì saranno più pesanti: queste dovranno infatti ridurre i propri asset di 2.600 miliardi di dollari, “alimentando i timori di una forte stretta del credito per le piccole e medie imprese”. La recessione e le banche più impegnate nel deleverage piuttosto che sui finanziamenti, il rischio è il rallentamento di una eventuale ripresa economica.
“C”e ancora troppo debito nelle economie europee e la prova è nei bilanci delle banche. Il problema maggiore – afferma l’analista di Berenberg, James Chappell, con il Financial Times -è che la banche non hanno abbastanza capitale per svalutare questi prestiti”.