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Diciotto mesi con la condizionale all’imam etiope

Il giovane imam è stato condannato a 18 mesi di prigione con la condizionale e all'espulsione dalla Svizzera per 10 anni (immagine del processo) KEYSTONE/WALTER BIERI sda-ats

(Keystone-ATS) È stato condannato a 18 mesi di carcere con la condizionale e all’espulsione dalla Svizzera per un periodo di 10 anni l’imam etiope che in un sermone tenuto in una moschea aveva incitato a uccidere i musulmani non praticanti.

Il Tribunale distrettuale di Winterthur (ZH) lo ha ritenuto colpevole d’istigazione alla violenza, rappresentazione di atti di cruda violenza ed esercizio di un’attività retribuita senza autorizzazione.

La Corte ha quasi interamente seguito le richieste del Ministero pubblico, che però invocava un’espulsione di 15 anni. La difesa aveva dal canto suo chiesto l’assoluzione.

L’uomo non dovrà andare in prigione, ma verrà consegnato alla Segreteria di Stato della migrazione (SEM), che dovrà decidere come procedere.

Appello a violenza deliberata

Per la procuratrice non vi erano dubbi, la predica tenuta dall’imputato il 21 ottobre del 2016 di fronte a circa 60 fedeli alla moschea di An’Nur rappresentava un appello alla violenza deliberata. Secondo lei, l’uomo aveva intenzionalmente scelto i controversi passaggi.

Secondo l’atto d’accusa, il 25enne aveva affermato che i musulmani che non pregano in comunità devono essere “banditi, respinti, evitati e calunniati fino al loro ritorno”. E che se perseverano devono essere uccisi, anche se praticano per conto loro.

A ciò si sono aggiunte tre foto e un video che l’imputato aveva salvato sul suo telefonino e condiviso su Facebook. Si trattava di scene violente come l’uccisione di diversi uomini mediante annegamento e parti di corpo di persone tagliate.

Secondo il Ministro pubblico, l’imam aveva messo in pericolo la sicurezza pubblica.

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La predica incriminata non è stata contestata. L’accusa disponeva infatti di una registrazione effettuata da un privato. Una perquisizione aveva inoltre permesso di trovare la versione scritta a computer del discorso dell’imputato.

Durante l’udienza, il giovane ha affermato che all’epoca non aveva parlato in qualità di imam e che non si considerava un musulmano devoto. Ha spiegato che conosceva il Corano a memoria ma non ne capiva il contenuto. L’etiope ha rifiutato di esprimersi sul contenuto del suo sermone, rinviando alle sue dichiarazioni fatte durante l’inchiesta. Le sue affermazioni erano allora state tradotte da uno specialista.

“Un giovane uomo ingenuo”

Secondo un rapporto di alcuni esperti che avevano analizzato la registrazione, l’imputato padroneggiava perfettamente l’arabo classico. In risposta, la difesa aveva sottolineato che l’etiope preparò la sua predica ripetendola a lungo.

L’avvocato difensore aveva presentato il suo cliente come un “giovane uomo ingenuo” vittima di una “serie di circostanze sfortunate”. Secondo lui, l’etiope fu avvicinato dai responsabili della moschea perchè conosceva a memoria il Corano e pregava regolarmente. Inoltre, gli fu chiesto di condurre le preghiere quotidiane e, quando l’imam di allora se ne andò, la predicazione del venerdì perchè ha una voce piacevole.

Era arrivato in Svizzera pochi mesi prima, aveva presentato una domanda di asilo e si è sentito messo sotto pressione dalla moschea. “Non ha mai cercato questo lavoro”, affermava la difesa. Inoltre non sapeva che la moschea di An’Nur era sospettata di reclutare candidati per la jihad, la guerra santa islamica, in Siria. Tale luogo di culto ha chiuso i battenti lo scorso mese di giugno.

L’avvocato aveva inoltre sottolineato che le foto incriminate non mostravano atti di violenza ma il risultato di atti di violenza e che il video fu condiviso con il commento “pregate per le vittime”.

Infine, per quanto riguarda l’accusa di aver svolto un’attività retribuita senza autorizzazione, secondo la difesa l’imputato ricevette 600 franchi come regalo dalla moschea.

Il predicatore è stato arrestato il 2 novembre 2016 e si trovava in detenzione preventiva per il pericolo di fuga. Nel frattempo la sua domanda di asilo è stata respinta. Gli è stata fissata una scadenza entro il quale dovrà lasciare il Paese.

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