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Dire razzista a chi vuole meno Islam è lecito, Svizzera condannata

Giudici della CEDU (foto d'archivio) Keystone/JEAN-CHRISTOPHE BOTT sda-ats

(Keystone-ATS) Accusare di “razzismo verbale” chi invita a frenare l’espansione dell’Islam in Svizzera è lecito: lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

I giudici di Strasburgo hanno condannato la Svizzera a risarcire una ong elvetica che aveva messo alla berlina il presidente di una sezione giovanile dell’UDC durante la campagna di votazione sull’iniziativa anti minareti.

Stando a quanto comunica oggi la CEDU nel novembre 2009 – mese in cui si votò sull’oggetto, approvato dal popolo con il 58% di sì – la Fondazione contro il razzismo e l’antisemitismo (GRA) riferiva sul suo sito internet, alla rubrica “Cronologia – Razzismo verbale”, di un evento organizzato nella città di Frauenfeld (TG) dal Giovani UDC del canton Turgovia.

L’ong citava il resoconto diffuso dallo stesso partito riguardo a un discorso pronunciato a questo raduno da Benjamin Kasper, presidente della sezione che lo aveva organizzato. Stando al comunicato, Kasper aveva detto che era il momento di mettere fine all’espansione dell’Islam, che la cultura dominante svizzera, basata sul cristianesimo, non poteva lasciarsi soppiantare da altre culture e che il divieto di costruire i minareti era da considerare un’espressione della conservazione dell’identità nazionale.

Nell’agosto 2010 Kasper aveva avviato un’azione legale contro la GRA: a suo avviso la pubblicazione su internet violava la sua personalità ed era diffamatoria nonché ingiuriosa.

Un tribunale distrettuale gli aveva dato torto: i giudici avevano argomentato che l’articolo sul web era giustificato nel quadro di un dibattito politico su una questione di interesse pubblico. La sentenza era però stata annullata in appello: la seconda corte aveva stabilito che l’espressione “razzismo verbale” costituiva un giudizio in grado di minare l’integrità della personalità. Il discorso di Kasper – si argomentava – non aveva un carattere razzista.

Chiamato in causa dal ricorso della GRA, il Tribunale federale (TF) aveva confermato questo orientamento: le espressioni pronunciate da Kasper non potevano essere qualificate di razziste e la violazione dei suoi diritti della personalità non era giustificata da alcun interesse superiore. Secondo il TF anche il fatto che Kasper partecipasse al dibattito politico e che quindi dovesse accettare un grado minore di protezione non giustificava la diffusione di falsità o di giudizi di valore non basati su fatti.

Non accettando questa posizione, la GRA si è rivolta a Strasburgo, ottenendo ragione. Secondo la corte europea la giustizia elvetica non ha sufficientemente tenuto conto della sua giurisprudenza in materia di ponderazione fra rispetto della vita privata e diritto alla libertà d’espressione.

Secondo la CEDU la fondazione non ha mai suggerito che le dichiarazioni di Kasper potessero esser rilevanti penalmente in virtù della normativa elvetica contro il razzismo. Gli atti della GRA non sono stati inoltre un attacco gratuito nei confronti del presidente della sezione giovanile UDC, né possono essere considerati come un insulto.

La corte ha fra l’altro esaminato la natura e la severità della sanzione imposta all’ong – ritirare l’articolo dal web, pubblicare la sentenza della corte d’appello e pagare circa 7000 franchi in spese giudiziarie, comprese quelle di Kasper. “Sebbene clemente questa sanzione avrebbe potuto produrre un effetto dissuasivo sulla libertà d’espressione dell’organizzazione”, affermano i giudici.

La CEDU ha quindi condannato la Svizzera a versarle 5000 euro per pregiudizio morale e 30’000 euro per le spese procedurali.

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