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Disoccupazione Usa meglio attese, stretta Fed a un passo

La sede della Borsa a New York KEYSTONE/AP/MARK LENNIHAN sda-ats

(Keystone-ATS) L'”Azienda Stati Uniti” crea più posti di lavoro delle attese, spianando la strada a un nuovo aumento dei tassi di interesse da parte della banca centrale, la Fed, la prossima settimana.

Le borse brindano al nuovo slancio americano: in Europa, ad eccezione di Francoforte, chiudono tutte in positivo. Torna a salire anche Wall Street dopo due sedute di cali.

In febbraio l’economia statunitense crea 235’000 posti di lavoro, una cifra superiore ai 200’000 stimati dagli analisti. L’aumento si è verificato nonostante il congelamento della assunzioni federali e il taglio degli occupati nell’industria delle vendite al dettaglio. Tutti gli altri settori dell’economia sono invece cresciuti, consentendo al tasso di disoccupazione di scendere al 4,7%.

In aumento anche i salari, saliti del 2,8%. Completano il quadro positivo il calo al 9,2% del tasso di coloro che hanno smesso di cercare un’occupazione o che lavorano part-time perché non trovano un lavoro a tempo pieno. E dal ritorno al 60% per la prima volta dal 2009 del tasso degli occupati sul totale della popolazione.

La fotografia del Dipartimento del lavoro sembra confermare le analisi della Fed sul buono stato di salute della ripresa americana. Un aumento dei tassi di interesse nella riunione del 14 e 15 marzo è dato ormai per scontato: l’andamento dei future indica che ci sono il 93% di chance di una stretta.

In molti guardano già avanti, chiedendosi se la Fed alzerà il costo del denaro tre volte o quattro quest’anno. Un dibattito che evidenzia una netta inversione di tendenza rispetto agli ultimi due anni, durante i quali la Fed è intervenuta meno del previsto attirandosi critiche per aver lasciato i tassi troppo basso troppo a lungo.

Per la Fed si tratta di raggiungere un equilibrio delicato: da un lato evitare un surriscaldamento dell’economia, dall’altra parte evitare di frenare la ripresa. Nell’agire la Fed deve considerare la politica di bilancio, ancora poco chiara. Misure di stimolo della Casa Bianca possono accelerare la crescita e l’inflazione, costringendo la Fed ad accelerare i rialzi, e aprendo al strada a una guerra fra la Fed e la Casa Bianca.

L’attenzione è quindi su Trump, che si gode al momento i buoni risultato del suo primo mese di dati del lavoro. Febbraio è infatti il primo mese tutto targato Trump. Finora al di là delle promesse e degli annunci su tasse e investimenti, il presidente americano non è intervento direttamente sull’economia. Ma un effetto indiretto è visibile, come dimostrato dalla corsa di Wall Street e dal balzo della fiducia dei consumatori.

Trump ha ”svegliato spiriti animali”, ha detto l’amministratore delegato di JPMorgan, Jamie Dimon. E le prospettive, secondo la Casa Bianca, sono ancora migliori: i numeri sul mercato del lavoro ”perfetti”, ”siamo ottimisti sulla crescita” dice Gary Cohn, l’ex presidente di Goldman Sachs ora nell’amministrazione Trump. Una spinta all’occupazione e alla ripresa arriverà dall’atteso piano da 1000 miliardi di dollari (1003 miliardi di franchi) nelle infrastrutture. E su questo fronte Cohn invia indirettamente un messaggio alla Fed, tranquillizzandola: il piano non peserà sui conti pubblici.

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