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Economia svizzera: un modello di successo

(Keystone-ATS) ZURIGO – L’economia svizzera risulta vincente: non solo si è risvegliata dallo stato letargico degli anni novanta, ma dovrebbe uscire addirittura rafforzata dalla pesante crisi finanziaria ed economica. È quanto rivela un nuovo studio del Credit Suisse presentato oggi a Zurigo, in cui sono stati analizzati dati strutturali dal 1998 al 2008. Gli esperti della banca ritengono che in futuro la Svizzera avrà il potenziale per reggere la competizione internazionale sul lungo periodo.
Negli ultimi cinquant’anni vi è stata una forte la terziarizzazione dell’economia svizzera, ossia lo spostamento costante delle attività economiche dal settore industriale a quello dei servizi, spiegano gli esperti della grande banca. Dal 1965 il numero di posti di lavoro nel settore terziario è aumentato di 2,5 volte, mentre quello del secondario è diminuito di un terzo. Seppur più lentamente, la terziarizzazione è proseguita anche tra il 2005 e il 2008, quando l’industria era tornata a crescere vigorosamente.
L’analisi del periodo 1995-2008 mostra poi come nelle fasi di difficoltà economica le imprese abbiano aumentato la delocalizzazione di posti di lavoro dalla Svizzera all’estero. Anche la recente recessione dovrebbe aver provocato il dislocamento all’estero di posti di lavoro nell’industria, ritengono gli economisti del Credit Suisse.
Un’altra evoluzione strutturale osservata è la concentrazione delle imprese: ad esempio, il 3% delle aziende del comparto finanziario occupa il 76% degli impiegati di tutto il settore, mentre nell’edilizia, mercato caratterizzato da basse barriere all’ingresso, il tasso scende al 37% degli occupati. Complessivamente, nel periodo analizzato vi è stato un lieve calo e tra i settori si è verificato un certo livellamento.
Il decennio esaminato è pure stato caratterizzato da un boom degli agglomerati urbani. A contribuire alla crescita dell’occupazione sono stati soprattutto i settori che operano con filiali (servizi finanziari, trasporti, posta e telecomunicazioni) e che hanno ridotto la loro presenza nelle città. La tendenza ha riguardato complessivamente circa due terzi di tutti i settori, con un picco particolarmente alto nell’industria di punta, dove si è notata una vera e propria fuga verso la campagna.

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