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Egitto: battaglia in moschea al Cairo, “sciogliere fratellanza”

(Keystone-ATS) La battaglia della moschea al-Fatah al Cairo, assaltata e sgomberata dai militari dopo ore di guerriglia, ha segnato l’ennesima giornata di tensione e violenza in Egitto, un Paese sempre più sull’orlo della guerra civile. I sostenitori del deposto presidente egiziano Mohamed Morsi sfidano ancora le autorità e sono scesi nelle strade di Alessandria e altre città per manifestare, nonostante il coprifuoco scattato alle 19. Mentre il governo oggi ha minacciato apertamente di mettere al bando i Fratelli musulmani.

Gli occhi del mondo oggi sono stati puntati sulla moschea al Fatah, al Cairo, presidiata dai pro-Morsi all’indomani della feroce repressione nella piazza antistante, Ramses. Il blitz è scattato dopo 15 ore di assedio: l’intervento della polizia è stato preceduto dal lancio di gas lacrimogeni, poi l’irruzione. Fuori intanto si scatenava una furiosa sparatoria, che ha preso di mira il minareto della moschea, dove si annidavano cecchini dei Fratelli musulmani, ha denunciato la tv di Stato. Dopo qualche ora le forze di sicurezza hanno completamente ripreso il controllo della moschea, sfiorando un nuovo bagno di sangue.

I militanti portati fuori sono stati sistematicamente aggrediti da una folla di anti-Morsi, che dalle prime ore della mattina presidiava armata di bastoni l’esterno della moschea, accanto ai blindati dell’esercito e delle forze di sicurezza. Nei minuti che hanno preceduto il blitz sono stati fermati numerosi giornalisti portati nelle strutture di polizia e fermati per diverse ore. Poi il rilascio, stanno tutti bene.

Le vittime degli scontri di ieri sono state 173, 95 solo al Cairo, hanno ammesso le autorità. A piazza Ramses, dove si è registrato il bilancio più drammatico, è stato ucciso anche il figlio della guida spirituale dei Fratelli musulmani, Mohamed el Badia. “Stiamo combattendo il terrorismo e il fascismo religioso”, ha tuonato la presidenza egiziana poche ore dopo lo sgombero della moschea e l’annuncio dell’arresto a Giza del fratello del leader di al Qaida, Ayman al Zawahri. Mohamed al Zawahri, questo è il suo nome, è un influente esponente della jihad ispirata al salafismo. Sarebbe stato imprigionato in un carcere di massima sicurezza.

Il governo intanto ha deciso di chiudere le moschee dopo l’ultima preghiera serale per evitare siano occupate dai pro-Morsi, mentre il premier ha messo sul tavolo dell’esecutivo una proposta per sciogliere la confraternita dei Fratelli musulmani. Una decisione che avrebbe effetti esplosivi e dagli esiti imprevedibili in una fase già molto critica per il governo provvisorio, che è stato costretto a incassare l’addio del ‘volto buono’ del regime, il premio Nobel per la Pace, Mohamed El Baradei.

Sposano la linea dura del governo e dei militari anche i giovani ribelli di Tamarod, il principale movimento che ha sfidato nei mesi scorsi il governo Morsi nelle piazze, spianando la strada al golpe dei militari. I morti sono tanti, oltre 800 quelli annunciati dalle autorità in tre giorni, “ma sono un prezzo accettabile”, ha detto alla Reuters Mahmud Badr, 28 anni, uno dei leader di Tamarod.

Ma la sfida continua e non si aprono spiragli per il dialogo, chiuso da settimane, stando alle rivelazioni del Washington Post. Un’intesa tra governo e pro-Morsi era sul punto di essere raggiunta 15 giorni fa, grazie alla mediazione dell’amministrazione Obama, dell’Unione europea e delle monarchie del Golfo, ha scritto il quotidiano statunitense. Il filo della trama diplomatica sarebbe stato però spezzato dal generale Abdel Fatah al-Sissi in persona, uomo forte dei militari e nuovo Faraone nell’Egitto del dopo-Morsi.

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