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Filippine: strage Mindanao; polizia accusa due politici

Questo contenuto è stato pubblicato il 25 novembre 2009 - 19:36
(Keystone-ATS)

MANILA - Sarebbe opera dei potentati locali e avrebbe un movente elettorale il massacro di lunedì scorso sull'isola filippina di Mindanao: la polizia filippina ha sciolto le riserve e oggi ha pubblicamente indicato come principali sospettati per la più grave strage della storia filippina - il cui bilancio è intanto salito a 57 morti - il sindaco di Datu Unsay, Andal Ampatuan junior, e suo padre, il governatore della provincia di Maguindanao, Datu Andal Ampatuan. Entrambi, espulsi poco dopo dalla coalizione che governa le Filippine insieme al fratello del sindaco, sono sostenitori della presidente, Gloria Arroyo, che oggi ha promesso che gli assassini non sfuggiranno alla giustizia.
La polizia ha rinvenuto oggi altri 11 cadaveri a Saniag, nella zona del massacro, portando così a 57 il totale delle vittime, fra le quali vi sarebbero 13 giornalisti (22 secondo alcune fonti) e 14 donne.
Le vittime, quando furono rapite per poi essere crivellate di pallottole dopo essere state in alcuni casi stuprate e "orribilmente mutilate", viaggiavano in pullman per andare a sostenere la candidatura alla provincia di Maguindanao, per le elezioni del prossima anno, di Esmael Mangudadatu, rivale del governatore uscente, Ampatuan senior, uomo potentissimo che dispone di una milizia privata e che aspira, dopo tre mandati, ad assicurare la sua poltrona al figlio, attuale sindaco della città di Datu Unsay.
Proprio a quest'ultimo porta infatti la pista che la polizia oggi ha dichiarato di seguire: "Secondo i risultati delle indagini preliminari - ha detto un portavoce - le persone che sono state rapite e uccise a Saniag sono state prima fermate da un gruppo condotto dal sindaco di Datu Unsay", Andal Ampatuan jr.
La presidente Arroyo, nel proclamare un giorno di lutto nazionale, ha dichiarato che "si tratta di un atto di assoluta disumanità che sporca l'immagine della nostra nazione". "I responsabili non sfuggiranno alla giustizia", ha assicurato la presidente filippina, aggiungendo che "nessun cittadino del nostro Paese dovrà mai temere per la propria vita nell'esprimere liberamente le sue opinioni politiche".

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