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Francia: fermato Sarkozy, tentò di corrompere un giudice

(Keystone-ATS) Nicolas Sarkozy ha sempre voluto essere un presidente speciale, diverso dagli altri. Dall’Eliseo, come mai nessuno prima di lui, è finito trattenuto in un commissariato di polizia. Colletto sbottonato e barba incolta, si è infilato questa mattina prestissimo nei corridoi degli uffici di polizia giudiziaria a Nanterre. Pesanti le ipotesi di reato sulle quali l’ex capo dello stato è stato interrogato dalle due magistrate che lo stanno seguendo da mesi come segugi: corruzione in atti giudiziari e violazione del segreto istruttorio.

Il look un pò trasandato, l’occhio di chi ne sa di più di tutti, la cravatta in mano: quasi come una premonizione, Sarkozy ha affrontato così la sua vita dopo l’Eliseo, stile casual, di un uomo sempre pronto ad affrontare avventure difficili. A 59 anni, però, l’ex SuperSarkò voleva tornare a guidare il partito e il Paese. Erano mesi che maturava la decisione, domenica l’informato Journal du Dimanche l’aveva quasi ufficializzata: prima tappa, Sarkò avrebbe ripreso in mano il partito allo sbando, poi la lunga rincorsa verso il 2017 e la riconquista dell’Eliseo.

Fra lui e il ritorno al potere non c’è più soltanto Carla, che vorrebbe tenerlo lontano dall’arena, ma altre due donne che non lo mollano di un centimetro: si chiamano Patricia Simon e Claire Thepaut, sono due magistrate del pool finanziario parigino ed hanno la caratteristica di lavorare sotto traccia, nella massima discrezione. Ma arrivano là dove nessuno aveva mai osato prima: intercettare un ex presidente, poi intercettare anche Paul Bismuth. Che era sempre Sarkozy, ma sotto il fittizio nome con il quale aveva comprato un’altra carta sim e un altro telefono cellulare. Loro l’avevano capito e non hanno esitato ad andare a sentire anche i colloqui dell’inesistente Bismuth con Thierry Herzog, avvocato storico e amico da 25 anni di Sarkozy.

La scintilla è scoccata a dicembre, dopo mesi di indagini su tre diversi filoni che si incrociavano nella persona dell’ex presidente: lo scandalo Bettencourt (le bustarelle con i bigliettoni dell’ereditiera dell’impero L’Oreal per la campagna elettorale vittoriosa del 2007), i finanziamenti illeciti piovuti anche dalla Libia dell’ex amico poi diventato nemico, Muammar Gheddafi. E infine anche il ruolo avuto dal governo, sotto la presidenza Sarkozy, nell’arbitrare la disputa fra il miliardario Bernard Tapie e la banca Credit Lyonnais, finita con la decisione di risarcire il primo con oltre 400 milioni di euro.

In quelle telefonate, Sarkozy-Bismuth e Herzog parlavano molto e sempre degli stessi argomenti: le agende, soprattutto quelle agendine, con i segreti di tre inchieste che bruciavano, anche se in quella Bettencourt per il presidente è arrivata nel frattempo l’archiviazione. Sarkozy voleva sapere ogni giorno, più volte al giorno, cosa stava decidendo la Cassazione, alla quale si era rivolto per farle secretare. E in Cassazione “l’amico” era Gilbert Azibert, che lo informava. E che sognava di prendere “l’ascensore”, cioè di farsi spedire – grazie agli amici dell’ex presidente – nel Principato di Monaco. Ad informare Sarkozy ed Herzog di come andavano le cose, compresa la decisione di mettere sotto intercettazione i telefoni di entrambi, erano Azibert e il collega togato Patrick Sassoust.

Ieri sono stati convocati e posti in stato di fermo i due magistrati sospettati di fare le talpe, insieme con Hergoz. Oggi, in berlina scura, vetri oscurati, è toccato a lui, il capo. “Giustizia a orologeria”, protestano i deputati Ump più vicini a Sarkozy, “campagna di odio senza precedenti”, rincara l’amico sindaco di Nizza, Christian Estrosi. Per il governo, “la giustizia deve andare fino in fondo, Nicolas Sarkozy è un cittadino come tutti gli altri”. Le prossime ore saranno decisive: le due magistrate decideranno domani mattina se rilasciarlo o prorogare di 24 ore il provvedimento di custodia cautelare. Dopo, il rinvio a giudizio o l’archiviazione.

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