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GB: Brian May, 70 anni nel mito dei Queen

Brian May, 70 anni dopodomani. KEYSTONE/AP/FELIPE DANA sda-ats

(Keystone-ATS) Il dottore in astrofisica Brian May mercoledì 19 luglio compirà 70 anni, con la serenità di chi continua nel mondo a incarnare il mito dei Queen.

Chi oggi può sostenere che non sia stata giusta la scelta compiuta cinquant’anni fa di rinunciare al dottorato in Astrofisica, dopo la laurea con lode in Fisica e Astronomia all’Imperial College di Londra, per dedicarsi al rock’n’roll?

Evidentemente era proprio destino, perché tutto è iniziato proprio all’università: lì ha cominciato a suonare, ha formato le prime band e incontrato Roger Taylor, che a sua volta ha lasciato nel cassetto la sua laurea in biologia per sedersi dietro la batteria dei Queen e, grazie a lui, Freddy Mercury, che allora usava ancora il suo vero nome, Farrokh Bulsara. Quando, nel 1971, ai tre si aggiunge il bassista John Deacon, dal canto suo un preparato ingegnere elettronico, la line up è pronta per consegnarsi alla storia.

Con gli anni e il successo clamoroso ai quattro angoli del mondo, compresa l’Ungheria dei tempi dell’Unione Sovietica e la Cortina di Ferro, Brian May è stato l’alter ego di un performer leggendario, uno dei più grandi di sempre.

Un ruolo svolto anche fuori dal palco, come compositore, (“We Will Rock You”, “Who Wants To Live Forever”, “I Want It All”, “The Show Must Go On” sono sue), coautore, arrangiatore, per non dire del contributo come cantante.

Come Roger Taylor, anche Brian May è un buon vocalist ed è questa abilità, unita ai virtuosismi di Freddy Mercury, a rendere così peculiari le polifonie della band.

Il compleanno di mercoledì festeggia i 70 anni di uno dei chitarristi più famosi e imitati del pianeta. Insieme alla voce di Mercury, l’altro polo del suono dei Queen è la chitarra di May.

Un sound inconfondibile, costruito da scienziato fin da quando, ancora adolescente, non potendo permettersi il costo degli strumenti migliori del mercato, si costruì, insieme al padre ingegnere, la sua chitarra, la ormai leggendaria “Red Special”, la sei corde usata ancora oggi.

Gli unici componenti acquistati già assemblati, ma comunque poi modificati, erano i pick up. E, come tocco finale al progetto, la scelta di utilizzare, al posto del plettro, la parte zigrinata di una monetina da sei pence.

Con questa chitarra, ha registrato album e canzoni che ancora per generazioni costituiscono le pagine di un mito inscalfibile e, insieme a quella macchina da concerti che erano i Queen, ha partecipato ad alcuni degli show più famosi della storia del rock, dal primo, storico, Wembley al già citato concerto di Budapest, a Live Aid, dove per opinione generale hanno prodotto l’esibizione migliore, fino allo spettacolare omaggio a Freddy Mercury sempre a Wembley, nel 1992.

Brian May è rimasto fedele al suo look e al suo suono tutta la vita: lo shock della tragica, quanto prematura morte per Aids di Freddy Mercury, lo ha affrontato tenendo in vita il mito dei Queen, al contrario del timido e riservato John Deacon, che invece si è ritirato.

Prima, insieme a Roger Taylor, con la formazione con Paul Rodgers, l’ex cantante dei “Free” che era il mito giovanile di Freddy Mercury e poi, senza più il suo vecchio amico Taylor, con Adam Lambert, per non dire del ruolo di produttore (sempre insieme a Taylor) del musical, dal clamoroso successo, “We Will Rock You”.

Nel 2007, a 60 anni, si è tolto la soddisfazione di prendere il dottorato in astrofisica cui aveva rinunciato per diventare un mito: ha collaborato con la missione della sonda New Horizons, per esplorare Platone, gli è stato intitolato un asteroide (si chiama 52265 brianmay) e dal 2005 è Commendatore dell’Impero dell’Ordine Britannico.

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