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Giornalista si dà fuoco in Russia, “colpa dello Stato”

Irina Slavina, direttrice della testata locale Koza.Press, si è data fuoco fuori dalla sede della polizia di Nizhny Novgorod. KEYSTONE/EPA/MAXIM SHIPENKOV sda-ats

(Keystone-ATS) “Per piacere, date la colpa della mia morte alla Federazione Russa”. È l’ultimo messaggio su Facebook da Irina Slavina, direttrice della testata locale Koza.Press, prima di darsi fuoco fuori dalla sede della polizia di Nizhny Novgorod

C’è chi ha provato, pare, a spegnere le fiamme ma Irina si è opposta. Ed è spirata così, tra le fiamme, sul marciapiede. Un gesto estremo. Forse folle. Ma che sa di ‘j’accuse’ spietato, visto che solo ieri la sua casa era stata perquisita dalla polizia ed era stata accusata di essere in combutta con l’ex oligarca Mikhail Khodorkovsky, ora oppositore incallito con base a Londra.

La notizia è apparsa come una fucilata sui social russi. A confermare le voci è stata la stessa Koza.Press, citando il marito di Slavina. Giusto ieri la testata liberale The Insider – russissima a dispetto del nome – aveva pubblicato il suo ‘flusso di coscienza’ su quanto le era capitato.

“Prima che iniziasse la perquisizione mi hanno chiesto di dargli volontariamente opuscoli e volantini di Russia Aperta (Open Russia in inglese, ovvero l’organizzazione fondata da Khodorkovsky, ndr). È chiaro che non potevo in alcun modo aiutarli dato che non ho nulla a che fare con Open Russia”, ha raccontato Irina.

“Si sostiene che Open Russia finanzi le proteste a Nizhny Novgorod contro lo sviluppo predatorio e peggiorativo di una delle aree verdi più iconiche della città, il parco Svizzero. Si afferma che Open Russia finanzia queste proteste di massa, mentre la gente scende in piazza del tutto volontariamente e ogni martedì si trova in una ‘catena umana’ vicino al parco. Come giornalista, non posso ignorare questi eventi e ne ho scritto. Inoltre, io stessa ho partecipato due volte alla catena, perché quello che sta succedendo non può che riguardarmi, come residente di Nizhny Novgorod e come cittadina”, ha detto ancora.

La polizia, stando a Irina, ha confiscato i computer e i cellulari di tutta la famiglia (marito e figlia compresi). “Siamo stati lasciati senza mezzi di comunicazione, non ci hanno rilasciato il verbale, non ho potuto fare una foto al mandato né chiamare l’avvocato”. E a quel punto nella mente di Irina forse qualcosa si è rotto. Sta di fatto che ora non c’è più. Non solo.

A Nizhny Novgorod evidentemente c’è una tempesta. Perché lo stesso giorno della perquisizione ai danni di Irina, la sezione locale del partito socialdemocratico Yabloko – storica sigla nazionale – ha riferito che le forze dell’ordine hanno perquisito gli uffici di Alexey Sadomovsky, il vicepresidente della sezione locale del partito, e di tre attivisti.

Secondo Yabloko, “le perquisizioni sono state effettuate nell’ambito di un procedimento penale ai sensi dell’articolo sulle attività di un’organizzazione indesiderata, avviato contro uno dei residenti della città”. Insomma, è caccia aperta per sedare le proteste.

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