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Giornalisti uccisi in Mali: per Fabius è stata un’esecuzione

(Keystone-ATS) Una vera e propria esecuzione: sono morti così Ghislaine Dupont, di 57 anni, e Claude Vernon, di 55, i due giornalisti dell’emittente radiofonica francese Rfi assassinati ieri pomeriggio a pochi chilometri da Kidal, nel nord del Mali, da un gruppo armato che li ha sequestrati e, nel volgere di poche ore, massacrati a colpi d’arma da fuoco.

Lo ha detto il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, fornendo la versione ufficiale di Parigi sulle modalità della morte dei due giornalisti. Ma resta un mistero l’identità e, soprattutto, le motivazioni degli assassini. Per quello che si è potuto sapere, scremando le informazioni che giungono dall’area, al momento le ricerche condotte dal contingente francese dell’operazione Serval non hanno dato alcun esito.

Gli elicotteri francesi hanno battuto, invano, vaste aree nella speranza di intercettare il fuoristrada Toyota con cui i rapitori sono fuggiti dopo avere prelevato i due giornalisti all’uscita dell’abitazione di Kidal di un esponente dell’Mnla, il movimento armato che raggruppa gran parte degli indipendentisti tuareg.

Poche e frammentarie le notizie di prima mano, secondo le quali i sequestratori indossavano turbanti e parlavano la lingua dei tuareg. Indicazioni troppo vaghe, che potrebbero, per assurdo, essere un tentativo dei rapitori di mascherare identità e provenienza.

Di certo, comunque, il rapimento e l’inspiegabile esecuzione di Ghislaine Dupont (considerata una esperta di vicende africane) e dell’operatore Claude Verlon apre un nuovo scenario per il nord del Mali, nel senso che smentisce, ed in modo clamoroso, l’immagine di una regione pacificata manu militari e, soprattutto, ripulita dalla bande armate jihadiste che per mesi hanno imperversato, vessando la popolazione con la scusa di applicare in modo letterale la sharia, o almeno la loro versione della legge islamica.

Ma Kidal è una città particolare, innanzitutto perché oggi è ritenuta il caposaldo dei tuareg indipendentisti e quindi un problema anche per il governo di Bamako impegnato nella costruzione di un Mali diverso anche da quello di prima della conquista jihadista del Nord.

Ed ad accrescere l’incertezza sulla reale situazione sul terreno è stato il forte invito di Fabius e mettere in sicurezza una città che, ufficialmente, sicura lo era già da mesi. Ora l’interrogativo è quello sul perché i due giornalisti siano stato uccisi poche ore dopo essere stati rapiti. Per i gruppi integralisti islamici il rapimento è una fonte inarrestabile di arricchimento, mentre per i tuareg non è mai stato questo. Ma anche l’uccisione degli ostaggi appare abbastanza lontana dalla logica degli indipendentisti, che negli ultimi mesi, sia pure tra mille contraddizioni, hanno imboccato la strada del dialogo con Bamako.

Il punto quindi è capire se i tuareg hanno modificato la loro strategia oppure se c’è chi, con l’uccisione, vuole mettersi per traverso nella trattativa.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

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