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Governo ad Abate, no a controllo discorsi di politici stranieri

Il Consiglio federale non condivide l'opinione del consigliere agli Stati Fabio Abate (PLR/TI). KEYSTONE/GAETAN BALLY sda-ats

(Keystone-ATS) Il Consiglio federale è contrario alla reintroduzione di un obbligo generale di autorizzazione per i politici stranieri intenzionati a esprimersi in pubblico in Svizzera.

La posizione governativa è stata ribadita in una risposta a un’interpellanza del consigliere agli Stati ticinese Fabio Abate (PLR), che chiedeva una riesumazione del decreto federale del 1948.

Abolito nell’aprile 1998, esso prevedeva un obbligo di autorizzazione per i discorsi politici di cittadini stranieri senza permesso di domicilio. Era entrato in vigore all’indomani della Seconda Guerra mondiale per prevenire i rischi di sovversione politica.

Nella sua richiesta di riesumazione del decreto, presentata lo scorso marzo, Abate fa riferimento al voto di aprile in Turchia sulla riforma della Costituzione che ha sancito il rafforzamento del potere del presidente. La campagna in vista del voto “si è estesa ai Paesi dove vive una nutrita comunità turca. La propaganda è stata accostata ad atti di violazione dei diritti fondamentali”, sottolineava il ticinese.

Secondo il consigliere agli Stati, in questo caso “i toni sono semplicemente inammissibili” soprattutto dopo che le autorità di diversi paesi hanno deciso di non autorizzare tali comizi per ragioni di ordine pubblico. Abate, vista l’attuale situazione politica in alcuni Paesi europei, si chiedeva quindi se non si imponessero “provvedimenti legislativi a carattere preventivo in Svizzera”, facendo chiaro riferimento a una reintroduzione del decreto concernente i discorsi politici di stranieri.

Nella sua risposta, il Consiglio federale ricorda di essersi già espresso (negativamente) in merito alla questione respingendo la mozione “Obbligo d’autorizzazione per oratori stranieri a manifestazioni politiche” del consigliere nazionale Daniel Fässler (PPD/AI) lo scorso novembre.

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