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Guy Parmelin: legge su servizi spionaggio è equilibrata

Guy Parmelin alla conferenza stampa Keystone/PETER KLAUNZER sda-ats

(Keystone-ATS) Il ministro Guy Parmelin oggi ha difeso la nova legge sui servizi segreti in votazione in settembre, affermando che essa rafforza la sicurezza del paese e garantisce un corretto equilibrio tra protezione della collettività e rispetto delle libertà individuali.

Terroristi e spie ricorrono a strumenti al vertice della tecnologia e la Svizzera non dispone più di una protezione sufficiente di fronte alle minacce attuali, ha detto il capo del Dipartimento della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS).

In un contesto sempre più complesso e inquietante, il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) ha bisogno di strumenti supplementari e al passo coi tempi per scoprire i pericoli e dare tempestivamente l’allarme, ha notato Parmelin. Oggi gli 007 elvetici possono acquisire informazioni soltanto in luoghi pubblici e non sorvegliare i personal computer (pc) e le telecomunicazioni. Le basi legali in vigore – legge federale sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna (LMSI) e quella sul servizio informazioni civile (LSIC) – devono essere adattate.

La nova legge sulle attività informative (LAIn) in votazione popolare il prossimo 25 settembre è un mezzo adatto, secondo Parmelin. Il Consiglio federale condurrà quindi una campagna “pedagogica” in materia. E – ha aggiunto il ministro vodese – tre mesi di tempo non sono troppi per un soggetto tanto delicato e complesso.

La nuova legge – votata dalle Camere lo scorso settembre – dovrebbe consentire di colmare le lacune, ma per evitare gli abusi essa prevede severe restrizioni e una procedura di autorizzazione giuridica e politica a diversi livelli.

Gli 007 elvetici potranno sorvegliare le comunicazioni (posta, telefono, e-mail), osservare quanto avviene in ambito privato anche installando microfoni, controllare di nascosto sistemi informatici e installare i cosiddetti cavalli di Troia. Ma tali misure – ha ancora spiegato Parmelin – potranno essere adottate solo in caso di grave minaccia, contro attività terroristiche, spionaggio, proliferazione di armi di distruzione di massa e cyberattacchi a infrastrutture critiche d’informazione, ma non in relazione a attività di estremismo violento.

Non si tratta di mettere sotto sorveglianza tutti i cittadini, ma di operazioni mirate e limitate: una decina di “ricerche speciali” all’anno, ha affermato il ministro democentrista. Bisogna evitare gli abusi di uno Stato ficcanaso che fa tanto paura ai referendisti. Ad esempio, per le intercettazioni telefoniche, il SIC dovrà ottenere l’autorizzazione del Tribunale amministrativo federale e del capo del DDPS, che a sua volta dovrà prima consultare i responsabili di giustizia e polizia (DFGP) e degli affari esteri (DFAE). I casi di particolare importanza potranno essere presentati a tutto il Consiglio federale. Inoltre, anche durante la fase di esecuzione, le misure saranno sottoposte a controlli da parte della Delegazione delle Commissioni della gestione e di un’autorità di sorveglianza indipendente.

Come sinora, i dati personali privi di relazione con una minaccia non potranno essere utilizzati e dovranno essere distrutti. E per l’esplorazione di segnali via cavo, come internet, non saranno ammesse come chiavi di ricerca indicazioni su persone fisiche o giuridiche svizzere.

D’altro canto, a proposito della strage di Orlando di sabato notte, Guy Parmelin ha constatato che è avvenuta in un paese dove c’è grande libertà per il possesso di armi e un sistema di sorveglianza e spionaggio molto spinto. “Ogni paese prende le misure che vuole. La Svizzera ha un altro vissuto degli Stati Uniti”, ha osservato.

Il ministro delle difesa non ha nascosto che l’opposizione alla nuova legge da parte del Consiglio centrale islamico della Svizzera (CCIS) – organizzazione controversa per le sue posizioni integraliste – è “forse la migliore pubblicità” per essa. Un “no” del popolo svizzero il prossimo 25 settembre sarebbe deplorevole, ha concluso.

Per Markus Seiler, direttore dell’intelligence elvetica, è essenziale poter scambiare più informazioni con servizi di altri paesi, come richiesto dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles. “Se siamo costretti a dare di meno rischiamo di ricevere di meno”.

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