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Hong Kong, la candidata di Pechino prima donna leader

Carrie Lam KEYSTONE/EPA/JEROME FAVRE sda-ats

(Keystone-ATS) Carrie Lam, candidata di Pechino, è stata eletta a capo del governo di Hong Kong di cui era già la numero due nell’amministrazione uscente: tentò di trattare con il “movimento degli ombrelli” nel 2014.

Carrie Lam Cheng Yuet-ngor – questo il nome in esteso dell’esponente politico di 59 anni – ricoprirà a partire da luglio il mandato quinquennale alla guida della Regione amministrativa speciale di Hong Kong, parte della Cina, prendendo il testimone dal controverso Leung Chun-ying, che a dicembre aveva annunciato di non voler correre per un secondo mandato.

La Commissione per gli affari elettorali ha assegnato alla neo “chief executive” 777 voti sui 1’163 dichiarati validi espressi dai componenti del parlamentino locale e dai rappresentanti di diversi settori della società. Lam, ex chief secretary, ha avuto la meglio nel pieno rispetto delle previsioni sull’ex financial secretary John Tsang (fermatosi a quota 365) – che godeva del sostegno popolare nei sondaggi e ritenuto più conciliante nelle trattative tra establishment e “ribelli” – e sull’ex giudice Woo Kwok-hing (21), impegnato in una missione impossibile.

Lam contava già su 580 grandi elettori, mentre Tsang puntava sul segreto dell’urna per invertire il pronostico, forte di gran parte dei 320 grandi elettori pro-democrazia.

In mattinata a Hong Kong sono andate in scena proteste, con tanto di tafferugli con la polizia, a rivendicare il suffragio universale nel voto del capo del governo, adesso frutto della scelta tra i candidati che raccolgono il sostegno di almeno 150 grandi elettori.

“Hong Kong, la nostra casa, è affetta da una divisione seria e ha accumulato molta frustrazione. La mia priorità – ha affermato Lam nel primo intervento pubblico – sarà di sanare il divario e unire la società perché vada avanti”. Parlando della controversa riforma di legge elettorale, ha detto che è meglio iniziare dalle parti “più facili cercando di raggiungere un consenso su quei punti che non rappresentano una seria minaccia all’appartenenza politica”.

In fondo è questa la missione di Lam, che a giorni riceverà il via libera all’elezione da Pechino: cercare di smussare e far superare la difficile stagione di Leung. Ha replicato che la vittoria è frutto degli sforzi in campagna elettorale suoi e del suo team. Farà una visita di cortesia, secondo il protocollo, al Liaison Office, la rappresentanza di Pechino a Hong Kong, che in una nota ha affermato di sperare che non sarà deluso lo scopo di “unire Hong Kong applicando correttamente il principio ‘Una Cina due sistemi’ e la Basic Law”, la costituzione dell’ex colonia.

Il primo luglio, per ricordare i 20 anni del passaggio dell’isola da Londra a Pechino e per l’insediamento di Lam, il presidente Xi Jinping sarà nell’ex colonia. In un territorio in cui l’autonomia amministrativa è sempre più sotto pressione, Joshua Wong, tra i protagonisti della protesta degli ombrelli, ha promesso per l’occasione “un’azione di disobbedienza civile”.

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