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Il governo Macron nel segno dell’Ue e della parità

Il presidente Emmanuel Macron KEYSTONE/EPA/CARSTEN KOALL sda-ats

(Keystone-ATS) Un governo per l’Europa: a meno di un mese dalle elezioni politiche di giugno in Francia nasce il primo esecutivo dell’era Macron. Una squadra composta da personalità di diverso colore politico ma tutte legate al processo di integrazione Ue e perfettamente paritaria.

Nei 22 componenti guidati dal premier neogollista Edouard Philippe (18 ministri e 4 sottosegretari), ci sono 11 donne e 11 uomini. Metà non sono politici di professione ma arrivano dalla società civile.

Jean-Yves Le Drian, socialista, unanimemente apprezzato per l’operato da ministro della Difesa nell’ultimo governo Hollande, diventa “ministro dell’Europa e degli Esteri”. Tre ministri provengono dal MoDem, il partito centrista di Francois Bayrou, nominato a sua volta responsabile della Giustizia. Tra loro, spicca il nome di Sylvie Goulard, europeista convinta.

Nata nel 1964 a Marsiglia, l’europarlamentare dell’Alde fu consigliera di Romano Prodi alla Commissione Ue, nonché autrice di saggi, tra cui ‘La democrazia in Europa’ con Mario Monti. Padroneggia perfettamente l’italiano, ma anche l’inglese e il tedesco. Altro punto forte il suo solido rapporto con l’omologa di Berlino Ursula Van Der Leyen. Una nomina, commentano a Parigi, che illustra la forte volontà di Macron di contribuire all’Europa della Difesa.

Marielle de Sernez, co-fondatrice del Partito democratico europeo, diventa ministra per gli Affari Ue. Quanto a Bruno Le Maire all’Economia si tratta, insieme al premier Philippe, dello strappo più vistoso nel senso della ricomposizione politica voluta da Macron: dirigente dei Republicains, ex ministro di Nicolas Sarkozy, si presentò alle primarie della destra in nome del rinnovamento, ma non gli andò benissimo. Oggi accede a una delle cariche più importanti della République.

Dalla scuderia neogollista arriva anche Gerald Darmanin, incaricato dei conti pubblici. Un nuovo fondamentale portafoglio in un contesto in cui la Francia ha l’imperativo di riportare il deficit sotto alla soglia del 3% se vuole recuperare peso rispetto alla Germania.

La scelta degli esponenti repubblicani di passare con Macron ha comportato la loro immediata scomunica dal partito della destra, ormai spaccato come una mela. “Espulsi”, ha annunciato la direzione dei Républicains.

Agli Interni va Gérard Collomb, il sindaco socialista di Lione che fu tra i primi a sostenere Macron. Nella Francia minacciata dal terrorismo si tratta di un’enorme responsabilità e forse non è un caso se nell’ordine protocollare dei ministri il fedelissimo del presidente risulti primo. Alla “transizione ecologica” viene nominato il paladino dell’ambiente, Nicolas Hulot. Giornalista, scrittore, poi star televisiva, il sessantaduenne apprezzatissimo dai francesi è impegnato da tempo per la difesa del pianeta.

Con la sua nomina, Macron intende rassicurare chi lo accusa di scarsa propensione rispetto ai temi ambientali. “Lascio il ministero in buone mani”, ha commentato la ministra uscente, Ségolène Royal, che ora promette di continuare la “lotta climatica”, magari fondando “un’azienda nel settore della crescita green”.

Tra gli altri ministri Agnes Buzyn (Salute), Francoise Nyssen (Cultura), Muriel Penicaud (Lavoro), Jean-Michel Blanquer (Istruzione), Jacques Mezard (Agricoltura). Appuntamento a domani per il primo consiglio dei ministri.

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