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Immagine stereotipata su donne migranti, studio

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 dicembre 2009 - 16:06
(Keystone-ATS)

BERNA - Media e politici hanno spesso delle donne immigrate un'immagine imbottita di stereotipi, che non corrisponde alla realtà. È quanto risulta da uno studio presentato oggi a Berna in occasione della Giornata mondiale dei migranti.
Le donne sono soprattutto presentate come vittime. Sono descritte come non autonome, passive, dipendenti dagli uomini e poco integrate, ha dichiarato alla stampa Simone Prodolliet, responsabile della segreteria della Commissione federale per le questioni di migrazione (CFM).
Eppure - secondo lo studio "Donne in migrazione", realizzato dall'Università di Berna per incarico della CFM - la realtà è completamente diversa. Le migranti possono anche disporre di una formazione superiore, parlare più lingue, avere una funzione dirigente o guadagnare di che vivere in qualità di responsabili aziendali, ha sottolineato Simone Prodolliet.
Il 28% delle migranti che esercita un'attività lucrativa è titolare di un diploma universitario o di una formazione professionale altamente qualificata. Per le svizzere questa proporzione oscilla attorno al 24%.Raccomandazioni
Sulla base delle constatazioni dello studio in questione, la CFM formula varie raccomandazioni, ha detto il suo presidente Francis Matthey. Preconizza, per esempio, di rompere con i luoghi comuni sulle migranti e di promuoverne il potenziale.
La commissione chiede anche un rafforzamento della situazione giuridica delle donne immigrate, che per alcune di loro è molto precaria. Basti pensare alle donne giunte in Svizzera nell'ambito della riunificazione familiare, che devono restare con il marito per conservare l'autorizzazione di soggiorno.
Per rimediare a questo problema e migliorare lo statuto delle migranti, la CFM è del parere che sia necessario elaborare un diritto di soggiorno indipendente dallo stato civile. Chiede anche il diritto a un'autorizzazione di soggiorno per le vittime di violenze coniugali, di matrimoni forzati o della tratta delle donne.Parità uomo-donna
La CFM ritiene che la problematica della parità tra donne e uomini debba essere affrontata senza stigmatizzare le varie comunità. Attribuendo a certe comunità religiose o di migranti pratiche discriminatorie nei confronti delle donne si nasconde troppo facilmente il fatto che vi è ancora molto da fare in termini di uguaglianza per le donne svizzere, per esempio in fatto di rimunerazione.
Circa 214 milioni di persone vivono al di fuori del paese in cui sono nate; 70 milioni in Europa. Quasi il 50% - un po' meno in Svizzera - sono donne, ha ricordato Francis Matthey.Minareti
La CFM non ha voluto commentare il risultato della votazione federale sui minareti. Matthey ha comunque parlato di "ferita" provocata nei sentimenti dei musulmani del Paese. "La decisione del popolo è presa, vedremo in seguito le conseguenze", ha proseguito Matthey. Spetta alle comunità musulmane fornire le risposte in grado di attenuare le paure avvertite dalla popolazione, ha aggiunto.
"La paura non risolve nulla, il rispetto reciproco molto". Convinta di ciò e per rafforzare il dialogo, la CFM organizzerà il 23 gennaio un incontro con i rappresentanti musulmani, ha annunciato Francis Matthey. Questo passo è indipendente da quello della consigliera federale Eveline Widmer-Schlupf, che ha a sua volta annunciato che incontrerà una delegazione musulmana prima della fine dell'anno.Asilo
Per quanto riguarda il diritto d'asilo, la ministra di giustizia e polizia non ha voluto fare marcia indietro in merito all'accoglienza di gruppi di rifugiati, ha ancora affermato Matthey. La CFM ritiene che la Svizzera debba nuovamente accogliere gruppi di rifugiati, come ha fatto per 45 anni. Questo provvedimento era stato sospeso negli anni Novanta di fronte al massiccio afflusso di profughi provenienti dai Balcani.
Dopo aver analizzato la situazione - ha affermato il presidente della CFM - la ministra di giustizia e polizia ha rinunciato a reintrodurre questa prassi, invocando motivi finanziari, ma anche l'elevato numero di domande d'asilo. Tra il 1950 e il 1995, la Svizzera ha regolarmente accolto gruppi di rifugiati.

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