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Imprese responsabili: iniziativa pragmatica e applicabile

L'iniziativa vorrebbe che le multinazionali elvetiche (qui per esempio una miniera in Bolivia) rispondano di eventuali abusi commessi all'estero anche da società da loro controllate. KEYSTONE/EPA/MARTIN ALIPAZ sda-ats

(Keystone-ATS) L’iniziativa popolare “per imprese responsabili” in votazione il prossimo 29 di novembre è pragmatica, applicabile e, soprattutto, in sintonia con i principi del diritto elvetico e gli standard internazionali.

Ne è convinto il comitato a favore composto anche di esponenti “borghesi”, oltre 350 personalità in rappresentanza di UDC, PLR, PPD, Verdi liberali, PBD e Evangelici.

L’iniziativa popolare per imprese responsabili, depositata il 10 ottobre 2016 con 120’418 firme valide, chiede che le imprese che hanno la loro sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro d’attività principale in Svizzera debbano rispettare, sia nella Confederazione che all’estero, i diritti umani riconosciuti e le norme ambientali internazionali.

Secondo l’articolo costituzionale proposto, le imprese potranno inoltre essere chiamate a rispondere non soltanto dei propri atti, ma anche di quelli delle imprese che controllano economicamente senza parteciparvi sul piano operativo.

Le piccole e medie imprese non rientrano nel campo di applicazione dell’iniziativa, tranne nel caso di attività ad alto rischio come il commercio di oro o diamanti. Le multinazionali non sarebbero civilmente responsabili per le azioni dei loro fornitori, ma solo per le azioni delle società che controllano.

“Stiamo beneficiando della globalizzazione”, ha dichiarato stamane il consigliere nazionale Beat Flach (Verde liberale/AG), “ma tutto ciò ha anche effetti negativi sui diritti umani e sull’ambiente”. A detta del deputato, “l’economia svizzera deve difendere la propria reputazione e assumersi le proprie responsabilità”.

L’iniziativa è combattuta dal Consiglio federale e dal parlamento, che raccomandano di respingerla, poiché giudicata troppo radicale. Il 29 novembre, gli elettori potranno scegliere tra l’iniziativa e un controprogetto, che i membri del comitato borghese giudicano però insufficiente.

Il controprogetto, frutto di un lungo tira e molla tra i due rami del Parlamento, si limita a chiedere alle multinazionali di riferire ogni anno sulla loro politica in materia di diritti umani e contempla anche doveri di “diligenza” in materia di lavoro minorile ed estrazione di materie prime.

Il controprogetto iniziale elaborato dal Consiglio nazionale, ma poi annacquato dagli Stati, riprendeva i principali elementi dell’iniziativa, ma ne limitava l’applicazione alle società più grandi e limitava la loro responsabilità civile alle loro filiali controllate direttamente.

“Il controprogetto non regola esplicitamente la responsabilità della società madre per le sue controllate all’estero”, ha sottolineato Flach e limita il dovere di diligenza a pochi settori. Oltre a ciò, solo le aziende di interesse pubblico dovrebbero redigere un rapporto annuale.

L’iniziativa è sostenuta da un collettivo di circa 80 organizzazioni non governative, attive in settori quali lo sviluppo, i diritti umani, ambientali e da diverse organizzazioni sindacali. È sostenuta da numerose personalità di spicco come gli ex consiglieri federali Ruth Dreifuss (PS) e Micheline Calmy-Rey (PS), l’ex consigliere agli Stati ticinese Dick Marty (PLR) e il presidente onorario del CICR Cornelio Sommaruga.

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