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Iniziativa armi: tiratori lottano contro cambiamento culturale

(Keystone-ATS) BERNA – Le società di tiro si sentono in qualche modo minacciate dall’iniziativa popolare “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”, in votazione il prossimo 13 febbraio, e si mobilitano per contrastarla. L’iniziativa in sé, tuttavia, non prende di mira né queste società né tantomeno le feste federali di tiro, ma i tiratori sentono che è in atto un cambiamento culturale e ne hanno paura, secondo lo storico di cose militari Rudolf Jaun.
La paura trae origine nella storia della nascita dell’esercito elvetico: “al momento della consegna delle armi ai cittadini, le società di tiro sono diventate essenziali”, secondo lo storico, che è professore all’Accademia militare del Politecnico di Zurigo. E avverte: se in futuro le armi militari non potessero più essere conservate a casa, il legame tra tiratori ed esercito verrebbe rimesso in questione.
“Già 300 anni or sono la Svizzera faceva affidamento sul possesso di armi da parte dei cittadini e dalla fine del 19mo secolo fino agli anni ’90 non meno dell’80% degli uomini ha prestato servizio militare”. Con la riduzione degli effettivi dell’esercito, il significato delle società di tiro è andato mutando, secondo Jaun e anche la considerazione nella popolazione ne risente. Oggi queste società devono concentrarsi più sul tiro sportivo che su quello militare e non è più un fenomeno di massa.
In passato era diverso, commenta lo storico. In occasione delle feste federali, di lotta e di ginnastica, le società di tiro avevano un ruolo importante in termini culturali e di identità: “un Ginevrino poteva incontrare un Appenzellese e entrambi avevano qualcosa in comune”. Senza contare il fatto che i soldati si mantenevano in forma e la forza militare della Svizzera poggiava anche sulle associazioni civili. Oggi i tiratori, afferma ancora Juan, temono non soltanto il declino del tiro obbligatorio, ma anche dello sport nella sua interezza.
Tiro obbligatorio ancorato nella leggeNella campagna per la votazione il tiro obbligatorio serve quale argomento agli oppositori, stando ai quali essa costituisce una minaccia per la sopravvivenza dell’obbligo di sparare annualmente. Non è però così, in quanto il tiro obbligatorio è ancorato nella legge, afferma il portavoce dell’esercito Christian Burri. “Fino a quando la legislazione non cambierà, il tiro obbligatorio deve essere effettuato al di fuori del servizio”. Se dovesse passare l’iniziativa le società potrebbero perciò continuare nella loro attività e organizzare l’esercizio.
Se poi dopo il 13 febbraio le armi militari dovessero venir consegnate all’arsenale, l’esercito appronterà una logistica “ad hoc”, sebbene ciò comporterebbe dai cambiamenti.
Non la pensa così il portavoce della Federazione sportiva svizzera di tiro, Ivo Hermann, secondo il quale “l’esercito non è in grado di mettere in atto una simile logistica”.

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