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Iraq: al Qaida rivendica attentati, tensioni su caso Hashemi

(Keystone-ATS) Fra attentati sanguinosi e scontri al vertice delle istituzioni, l’Iraq rischia di tornare a sprofondare nelle violenze interconfessionali, nove mesi dopo il completamento del ritiro delle truppe americane.

Al Qaida, che si ispira all’estremismo sunnita, ha rivendicato un’ondata di attentati diretti in particolare contro gli sciiti che ieri ha provocato un centinaio di morti. Mentre il vice presidente sunnita Tariq al Hashemi, condannato ieri a morte con l’accusa di avere ordinato l’uccisione di un avvocato e un generale, ha risposto oggi dichiarandosi “totalmente innocente”, definendo “politicizzato” e “ridicolo” il processo e attaccando il primo ministro sciita Nuri al Maliki.

Lo Stato islamico dell’Iraq (Isi), braccio armato di Al Qaida, ha affermato di avere compiuto gli attentati di ieri come “risposta alla campagna di uccisioni e torture di detenuti sunniti nelle prigioni” sciite. “Forte condanna” è stata espressa tra gli altri dall’Alto rappresentante della Ue per la politica estera, Catherine Ashton, la quale si è detta “inorridita da questa continua violenza”.

Sebbene le violenze in Iraq siano notevolmente diminuite dopo il picco della guerra interconfessionale raggiunto tra il 2006 e il 2007, attentati e attacchi mortali non sono mai cessati. Ma a fare temere che la situazione precipiti sono le aspre dispute politiche tra lo schieramento sciita e quello sunnita dalla partenza dei soldati Usa, nel dicembre del 2011.

Proprio a quei giorni risale il mandato d’arresto spiccato dalla magistratura di Baghdad contro Hashemi, che si rifugiò prima nella regione autonoma del Kurdistan e poi in Turchia. Ankara, secondo notizie di stampa, ha confermato il diritto d’asilo al vice presidente iracheno, che proprio dalla capitale turca ha parlato oggi, affermando tra l’altro che dovrebbe essere Maliki ad essere processato, ma “alle Nazioni Unite”.

Il presidente iracheno Jalal Talabani, appartenente alla terza principale componente del Paese, quella curda, ha espresso il suo “rammarico” per la sentenza. “Ciò potrebbe rivelarsi un fattore destabilizzante negli sforzi per raggiungere una riconciliazione nazionale”, ha aggiunto il presidente, che da mesi cerca di organizzare una conferenza tra gli schieramenti politici delle diverse confessioni.

A fare innalzare la tensione contribuisce l’annuncio delle forze armate turche di avere compiuto diversi nuovi raid aerei fra il 5 e il 9 settembre contro le basi nel nord dell’Iraq del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), uccidendo 25 miliziani del gruppo armato indipendentista curdo.

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