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Italia: Kyenge, imbarazzo Lega; Maroni per ora in silenzio

(Keystone-ATS) Cecile Kyenge e il suo progetto di ius soli sono da tempo bersaglio privilegiato della contestazione leghista al Governo Letta. Ma le parole di Roberto Calderoli, che in un comizio a Treviglio (Bergamo) ha accostato il ministro dell’Integrazione a “un orango”, suscitano imbarazzo anche nel partito di cui è responsabile organizzativo.

La sua ruvidezza scopre infatti una Lega che pare in bilico fra questa retorica ruspante che fa presa nella base che partecipa alle feste (basta leggere i numerosi commenti di plauso sui social network e gli slogan con cui giovedì la Kyenge è stata contestata proprio a Bergamo) e quella politica delle “cose concrete” a cui la vuole abituare Roberto Maroni. Il segretario federale, che è atteso questa sera ad una festa di partito a Muggiò (Monza), è per ora silente sul caso.

“La signora Kyenge, come la signora Boldrini – ha commentato intanto su Facebook il suo vice Matteo Salvini – vanno combattute e fermate con le idee, non con le battute”. Per Salvini, comunque, il ministro e la presidente della Camera “sono politici pericolosi non perchè belli o brutti, modelle od oranghi, ma perchè sono pedine di un disegno che vuole cancellare le identità, le diversità, le storie, le lingue, le tradizioni e il lavoro, nel nome di un pensiero unico basato solo sul denaro”, un “quarto Reich” da battere.

Resta da capire se e come via Bellerio, dove domani pomeriggio è convocata la segreteria politica, affronterà formalmente la questione. Nessun leghista chiede a Calderoli di lasciare la vicepresidenza del Senato e, per il momento, l’impressione è che si tenda a minimizzare l’accaduto. “Una battuta di pessimo gusto, ma lasciamo perdere le dimissioni”, ha detto il segretario della Romagna Gianluca Pini.

Calderoli, per la presidente leghista della Provincia di Cuneo Gianna Gancia, “ha fatto bene a porgere le sue scuse”, ma non bisogna fare “alcuno sconto politico ad assurde e pericolosissime posizioni” come quelle della Kyenge. Il presidente del Piemonte, Roberto Cota, del resto vede solo “un certo teatrino” attorno “a una battuta ad un comizio”.

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