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Italia: Venezia, arrestato e condannato turco con mannaia

Un 23enne turco che era stato bloccato l'altra notte a Venezia dalla Polizia davanti alla stazione con una mannaia e un sampietrino nello zaino (foto d'archivio). Keystone/CHRISTIAN BEUTLER sda-ats

(Keystone-ATS) Un 23enne turco che era stato bloccato l’altra notte a Venezia dalla Polizia davanti alla stazione con una mannaia e un sampietrino nello zaino mentre pregava con gesti enfatici è stato condannato per direttissima a un anno e otto mesi.

Una mannaia di 30 centimetri ed una pietra appuntita nello zaino, poi una sfilza di bugie e documenti in fotocopia falsi, che attestano una doppia nazionalità turco-tedesca tutta da dimostrare. Materiale sufficiente a far scattare l’allarme anti-terrorismo. E così è stato. La Polizia è accorsa quando ha ricevuto la segnalazione che alcuni stranieri, intorno alle 4, stavano pregando ad alta voce Allah, con gesti enfatici, inginocchiati sulla pensilina dello scalo ferroviario.

Quando sono accorsi i primi agenti gli stranieri si erano già dispersi. La Questura di Venezia ha subito attivato il dispositivo e i controlli anti-terrorismo, e poco dopo i poliziotti sono riusciti a rintracciare due dei sei uomini, di nazionalità turca. Uno di loro, un 23enne K.A., nato a Mersin (Turchia), aveva uno zaino, e dentro custodiva una mannaia lunga 30 centimetri, tipo quelle usate dai macellai, ed un sampietrino appuntito in un lato. È stata soprattutto la lunga lama a dare alla verifica un aspetto inquietante, dopo l’aggressione con un machete compiuta da un terrorista su un treno in Germania.

L’uomo è stato arrestato, condannato a un anno e otto mesi per direttissima e portato in un Centro di identificazione ed espulsione, mentre l’amico è stato trattenuto in Questura. Altri 4 componenti del gruppo sono stati fermati nelle ore successive a Milano.

“Voi sapete che dopo il Ramadam c’è il digiuno – ha detto agli agenti il 23enne – Il coltello mi serve per fare sacrifici animali. Ma non ne ho ancora fatti”. Al momento nei suoi confronti non vi sono accuse che configurino l’ipotesi di attentati o la minaccia terroristica. Ma è stato arrestato e condannato per false attestazioni a pubblico ufficiale, perché aveva documenti d’identità falsi.

Il connazionale rintracciato assieme a lui a Venezia, e così gli altri quattro fermati a Milano (tra cui tre donne) sono stati ascoltati e rilasciati, senza alcuna accusa. Si erano avvicinati al giovane solo perché avevano sentito parlare la loro lingua, ma sono risultati essere una conoscenza del tutto occasionale dell’indagato. Anzi – hanno spiegato agli agenti – si erano insospettiti capendone il fanatismo religioso, e non li aveva convinti che l’uomo avesse aggiunto di essere “in perfetta sintonia con l’attuale governo turco”. Per non contraddirlo – è stata la loro versione – hanno deciso di pregare Allah assieme a lui, davanti alla stazione. Terminato il rito, hanno proseguito il loro viaggio.

Le incongruenze sono emerse subito invece nei controlli del giovane con la mannaia. Ha sostenuto che il giorno prima aveva subito a Bologna il furto di tablet e smartphone, con relativa sim card, oltre che della patente di guida e del passaporto tedesco, mostrando copia di una denuncia fatta alla questura. Ha aggiunto di possedere la doppia cittadinanza turco-tedesca. Ma le verifiche incrociate effettuate con la Polizia tedesca, tramite l’ufficio di cooperazione internazionale del Dipartimento di pubblica sicurezza, hanno permesso di accertare che le foto del vero titolare del passaporto non erano le sue. Nel database italiano ed europeo, inoltre, il suo profilo non compare. Gli investigatori stanno ancora lavorando per dare un’identità certa al giovane turco, che ha raccontato di essere diretto in Germania. La Polizia vuole inoltre ricostruire esattamente i suoi movimenti in Italia.

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