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Khodorkovski chiede un visto per la Svizzera

(Keystone-ATS) Mikhail Khodorkovsky ha inoltrato ufficialmente una richiesta per un visto alla Svizzera. L’ex magnate del petrolio russo, attualmente in esilio in Germania dopo aver scontato dieci anni di carcere in patria, ha depositato oggi presso l’ambasciata elvetica a Berlino la domanda di un visto Schengen della validità di tre mesi.

L’ambasciata ha ricevuto la richiesta ed “è in contatto con l’Ufficio federale della migrazione (UFM) per trattarla”, ha precisato oggi all’ats il portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri, Stefan von Below.

Oggi a Berlino Khodorkovski ritroverà sua moglie Inna e i suoi tre figli, dopo i dieci anni trascorsi in prigione in Russia. L’ex oligarca, che ha indicato di non avere l’intenzione di rientrare nel suo Paese – a causa di una condanna civile sempre valida per un ammontare di 550 milioni di dollari – intende traslocare in Svizzera dove sono scolarizzati i suoi due figli gemelli.

Ieri il consigliere nazionale Andreas Gross (PS/ZH), che aveva reso visita a Khodorkovski in carcere, aveva anticipato che l’ex magnate avrebbe potuto stabilirsi nella Confederazione. Tuttavia, un portavoce del miliardario russo aveva indicato alla dpa che “nessuna decisione era stata presa su qualsivoglia piano a più lungo termine”.

“Sono estremamente riconoscente per il fatto che un parlamentare svizzero mi abbia visitato in carcere”, aveva detto Khodorkovski durante la sua prima conferenza stampa dopo la grazia concessagli da Putin.

Dal canto suo, Gross aveva pure ricordato che l’ex uomo d’affari russo possiede ancora dei soldi, “sufficienti per consentirgli di vivere senza dover più lavorare, (…) perché il Tribunale federale aveva deciso nel 2004 di annullare il sequestro dei suoi beni in Svizzera”.

Nell’ambito di una domanda di assistenza giudiziaria della Russia, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) aveva in un primo tempo bloccato 6,2 miliardi di franchi custoditi in cinque banche, un record in Svizzera. Questi fondi figuravano sui conti di 20 azionisti di Yukos. Poi, il TF aveva annullato il sequestro dei beni, perché esso violava il principio di proporzionalità.

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