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Legge indennizzi per misure coercitive: chiesti più fondi

(Keystone-ATS) In consultazione fino ad oggi, il controprogetto indiretto all’iniziativa popolare per indennizzare le vittime di misure coercitive è stato piuttosto ben accolto: criticati sono l’ammontare insufficiente del fondo e la partecipazione non obbligatoria dei cantoni.

In Svizzera, fino al 1981, decine di migliaia di persone sono state internate sulla base di decisioni amministrative, senza esame di un tribunale. Molte donne sono state sottoposte a sterilizzazione o costrette all’aborto, migliaia di bambini sono stati dati in adozione contro la volontà delle loro madri o collocati in istituti e costretti a lavorare senza remunerazione.

L’iniziativa “Riparazione a favore dei bambini che hanno subito collocamenti coatti e delle vittime di misure coercitive a scopo assistenziale”, che ha raccolto 108’709 firme valide, propone l’istituzione di un fondo per risarcire le vittime di 500 milioni.

Il controprogetto del Consiglio federale prevede invece un fondo di 300 milioni a favore delle circa 12’000‐15’000 vittime (circa 20-25 mila franchi a testa a seconda del numero di persone che si annunceranno).

Il comitato promotore dell’iniziativa popolare, dove sono rappresentati tutti i maggiori partiti ad eccezione dell’Unione democratica di Centro (UDC), si è detto piuttosto contento del controprogetto del Consiglio federale, soprattutto perché consente un rapido indennizzo delle vittime, che spesso sono in età avanzata o non in buona salute. Gli iniziativisti intendono comunque aspettare l’esito dei dibattiti parlamentari per decidere se ritirare o meno l’iniziativa.

Socialisti e Verdi criticano però l’insufficienza del contributo pubblico previsto: gli storici valutano il numero di vittime a circa 20’000, una cifra ben superiore a quella persa in considerazione dal governo (12-15mila). Di conseguenza gli indennizzi ammonterebbero a 15’000 franchi a persona e non a 20-25mila, come avanzato dal Consiglio federale. E “vista la gravità delle ferite fisiche, degli abusi sessuali, delle sterilizzazioni forzate, dei provvedimenti amministrativi e degli esperimenti medici l’ammontare medio di 25’000 franchi è già calcolato in modo stretto”.

Altro punto del controprogetto governativo criticato dai promotori dell’iniziativa popolare è la base volontaria del contributo al fondo pubblico da parte dei cantoni e delle organizzazioni (comuni, chiese, associazioni contadine, industria farmaceutica).

Se, da un lato, è positivo che la Confederazione sia ritenuta la principale responsabile di quanto accaduto nel passato, e quindi chiamata alla cassa, d’altro canto “sono spesso le autorità cantonali che hanno preso le misure più pesanti”, osserva il comitato iniziativista nella sua presa di posizione. E – ricorda – le misure coercitive a fini assistenziali e i collocamenti extra-famigliari erano sovente attuati sulla base del diritto cantonale.

La partecipazione volontaria soddisfa invece la Conferenza dei direttori cantonali delle opere sociali (CDOS), poiché non tutti i cantoni sono implicati nella stessa misura. In tal modo si possono sempre elaborare soluzioni alternative o mettere a disposizioni fondi supplementari.

Per la CDOS però ritiene troppo breve il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della legge per fare richiesta di risarcimento. Un periodo così corto implica un “aumento molto forte” del carico di lavoro per il personale. La CDOS, come i Verdi, chiede quindi un termine di almeno due anni.

Fondamentalmente contraria al progetto governativo è invece l’UDC, che considera problematico utilizzare dei fondi pubblici per “sopperire alle sofferenze del passato, considerate da un punto di vista attuale”: questa soluzione non permette una riparazione delle ingiustizie e inoltre sminuisce il senso di responsabilità di autorità e politici.

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