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Libia: cresce preoccupazione in Italia per profughi eritrei

(Keystone-ATS) ROMA – Dopo le denunce di “torture e pestaggi” subite per mano dei militari libici, cresce la preoccupazione in Italia per i 250 profughi eritrei e somali detenuti nelle carceri di Saba e Brak. Dalle fila dell’opposizione si levano insistenti richieste al Governo della penisola affinché intervenga su Tripoli.
E’ dal 30 giugno che questi profughi provenienti dal Corno d’Africa sono stati caricati a forza su tre container e dopo un viaggio di 10 ore, sotto il sole e senza soste, sono giunti a Seba, nel mezzo del deserto del Sahara. Una sorta di “punizione” per una rivolta ed un tentativo di fuga dal centro di detenzione di Misurata, ha spiegato il Cir (Consiglio italiani rifugiati) che già la sera del 30 giugno aveva sollecitato l’intervento del premier Silvio Berlusconi e del ministro degli Esteri Franco Frattini e aveva scritto una lettera al titolare degli interni Roberto Maroni chiedendo che “l’Italia si faccia carico di queste persone”.
Su ciò che sta accadendo nelle carceri in Libia i Verdi italiani hanno sollecitato “un’inchiesta internazionale immediata e ai massimi livelli”. Una “risposta istituzionale” viene chiesta da Marco Perduca, senatore radicale eletto nelle liste del Pd, che sollecita il Parlamento ad inviare una propria delegazione in Libia.
Ha annunciato invece la richiesta di un’informativa del Governo sui fatti libici il presidente dei senatori dell’Udc, Giampiero D’Alia che già due giorni fa aveva sollevato la questione con una lettera al presidente del Senato Renato Schifani. E che oggi ha invitato il Governo a “non mettere la testa sotto la sabbia e a dimostrare almeno una volta di non essere succube del colonnello Gheddafi”.

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