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Migranti: ministro esteri Macedonia, UE dia più sostegno

(Keystone-ATS) La Macedonia si attende dalla Ue un maggiore sostegno per l’emergenza migranti, che ha affrontato finora in larga parte con propri mezzi e risorse. Lo ha detto il ministro degli esteri Nikola Poposki.

“Fino ad oggi non abbiamo ricevuto dall’Unione europea i mezzi necessari a far fronte a una situazione eccezionale quale è la crisi dei migranti”, ha detto Poposki in una intervista all’ANSA. In questo, ha aggiunto, “le istituzioni macedoni hanno attinto esclusivamente alle proprie risorse, pur avendo una buona collaborazione con le organizzazioni non governative e umanitarie attive sul terreno e che ricevono fondi dal coordinamento Ue”.

Ciò non significa, ha osservato il ministro, che la Macedonia non ha alcuna cooperazione o assistenza in altri settori, come ad esempio l’adeguamento alla normativa europea. “Ma nella crisi dei migranti attualmente facciamo leva solo sulle nostre risorse, e finora i costi a nostro carico sono stati di decine di milioni di euro”.

Secondo Poposki, il problema dei migranti si potrà risolvere solo stabilendo un effettivo controllo alle frontiere esterne dello spazio Schengen. “Una cosa non facile poiché la Grecia ha anche confini in mare e tante isole”.

Poposki non nega peraltro il pericolo di infiltrazioni terroristiche nel flusso di migranti lungo la rotta balcanica. “Sarebbe del tutto ingenuo pensare che non siamo consapevoli del fatto che nella massa di migranti possa esserci qualcuno legato ad attività estremiste o anche terroristiche”. Certo, ha aggiunto, si tratta probabilmente di un fenomeno marginale rispetto alla grande massa di migranti in marcia verso l’Europa occidentale, “ma è un fenomeno che esiste”.

“Con gli attacchi di Parigi – ha osservato – ci siamo resi conto che non è così complicato per estremisti e possibili terroristi usare la rotta dei migranti”. È indispensabile, per Poposki, avere un sistema di controlli, registrazione, screening per valutare le richieste di asilo, anche se tutto ciò riduce i rischi di infiltrazione terroristica, ma “di certo non li elimina”.

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