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Morto James Garner, grande attore tra cinema e tivù

(Keystone-ATS) A 86 anni è morto ieri sera James Garner, nella sua casa di Brentwood (Los Angeles), “per cause naturali” come ha confermato la polizia. Affascinante, ironico e sornione, l’attore è stato capace di interpretare in più di 50 film (diretto fra gli altri da John Sturges, Blake Edwards, Martin Ritt, Clint Eastwood), per oltre 50 anni di carriera, tra cinema e tivù, con la stessa grazia, simpatici gaglioffi e “cattivi”.

Nato a Norman, in Oklahoma, nel 1928, è entrato a 16 anni nella marina militare. Ha partecipato alla Guerra di Corea, durante la quale è stato ferito due volte, ottenendo due Purple Heart (onorificenze al valore militare per chi viene ferito in combattimento).

Come attore ha attraversato tutti i generi, con una nomination all’Oscar nel 1985 per la commedia romantica “L’amore di Murphy” di Martin Ritt, dove si calava nei panni di un farmacista anticonformista che si innamora di una divorziata (Sally Field), madre di un adolescente decisa a far andare avanti una fattoria.

Il successo di Garner è molto legato anche a due serie tivù di culto, quella western che l’ha lanciato, tra gli anni ’50 e ’60, “Maverick”, e “Agenzia Rockford”, negli anni ’70.

Fra i suoi film troviamo “Quelle due” di William Wyler (1961), uno dei primi accenni hollywoodiani ad un amore lesbico, dove Garner interpreta il fidanzato di Audrey Hepburn, e “La grande fuga” (1963) di John Sturges a fianco di Steve McQueen.

Arrivano, poi, fra gli altri, “L’investigatore Marlowe” di Paul Bogart (1969) dove dà vita al personaggio creato da Raymond Chandler, e la commedia musicale “Victor Victoria” (1982) di Blake Edwards, in cui interpreta King Marchand, uomo d’affari legato ai gangster che perde la testa per Julie Andrews “en travesti”.

Tra gli anni ’90 e metà anni duemila continua a regalare intense interpretazioni come quella autoironica nell’adattamento cinematografico di “Maverick” (1994) di Richard Donner; il noir “Twilight” di Robert Benton (1998) con Paul Newman, Gene Hackman e Susan Sarandon; l’astronauta ultrasettantenne di “Space Cowboys” di Clint Eastwood (2000), fino all’uomo che continua ad amare con la stessa passione di sempre la moglie (Gena Rowlands) ormai ammalata d’Alzheimer, nel cult romantico “Le pagine della nostra vita” di Nick Cassavetes (2004).

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