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Mutilazioni genitali femminili, 4 milioni a rischio quest’anno

Il supporto alla pratica è in calo, ma la rapida crescita della popolazione giovane può portare a un aumento del numero di ragazze a rischio. Keystone/SALVATORE DI NOLFI sda-ats

(Keystone-ATS) Quest’anno 4 milioni di ragazze sono a rischio di mutilazioni genitali femminili, considerate una violazione dei diritti umani. Oggi ricorre la giornata internazionale di tolleranza zero contro questa pratica.

“Anche se negli ultimi 30 anni sono stati fatti progressi per eliminarla – sottolineano Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile (UN Women) e Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – nel mondo oggi vivono circa 200 milioni di ragazze e donne che ne sono state vittime. Ciò comporta conseguenze fisiche, psicologiche e sociali”.

Il supporto alla pratica è in calo. Le adolescenti tra i 15 e i 19 anni sono meno propense a continuarla e in molti casi molto meno esposte al rischio. Ma la rapida crescita della popolazione giovane può portare a un aumento del numero di ragazze a rischio che entro il 2030 si stimano in 68 milioni.

I giovani possono essere la leva del cambiamento, ma vanno “accompagnati”. “È tempo di investire, rendere gli impegni politici azioni concrete – è l’appello in una dichiarazione congiunta dei direttori generali dell’Unfpa Natalia Kanem, dell’Unicef Henrietta Fore, dello UN Women Phumzile Mlambo-Ngcuka e dell’Oms Tedros Ghebreyesus – è tempo di mantenere la nostra promessa di raggiungere zero mutilazioni genitali femminili entro il 2030”.

Sulla base di un’analisi dell’Unicef, 52 milioni di ragazze hanno subito la pratica da personale sanitario. La percentuale è doppia tra le adolescenti, il che indica una crescita nella medicalizzazione, molto diffusa in Sudan ed Egitto. “Medicalizzare la pratica – evidenzia Fore – non la rende sicura, morale o difendibile”.

L’Oms ricorda inoltre che fa male anche alle economie: i costi totali per il trattamento degli impatti sulla salute ammonterebbero a 1,4 miliardi di dollari a livello globale all’anno. Se si abbandonasse la pratica adesso, si risparmierebbe il 60% entro il 2050 in costi sanitari.

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