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Nazionale: politica europea, divisioni classiche tra i partiti

Questo contenuto è stato pubblicato il 09 giugno 2011 - 10:20
(Keystone-ATS)

In occasione della sessione straordinaria sulla politica europea i partiti hanno oggi ribadito in Consiglio nazionale le loro posizioni. L'UDC ha chiesto una rinegoziazione degli accordi di Schengen/Dublino. Per PLR e PPD gli accordi bilaterali, e in particolare la libera circolazione delle persone, sono fonte di benessere e vanno salvaguardati. PS e Verdi puntano invece il dito contro le violazioni nel diritto del lavoro, con riferimento particolare al dumping salariale.

Alla fine del dibattito i deputati voteranno su 20 mozioni, tre postulati e 27 interpellanze su un ampio spettro di questioni che toccano la politica della Svizzera nei confronti dell'Unione europea (Ue). Il Consiglio federale raccomanda di bocciare tutte le mozioni e tutti i postulati.

La maggior parte di questi atti parlamentari provengono dai ranghi dell'Unione democratica di centro (UDC), che aveva chiesto la tenuta della sessione straordinaria. L'UDC tra l'altro vorrebbe che l'accordo di Schengen sia rinegoziato, in modo che la Svizzera possa nuovamente controllare autonomamente e sistematicamente le proprie frontiere. Christoph Mörgeli (UDC/ZH) ha denunciato le limitazioni all'"indipendenza della Svizzera e dei suoi cittadini. I giudici stranieri ci stanno stretti".

La Confederazione dovrebbe inoltre ritirare la domanda d'adesione all'Ue depositata nel 1992 e, malgrado l'accordo di Schengen, gestire la politica dei visti indipendentemente. "Schengen e Dublino al sud dell'Europa non funzionano e costano più di quanto previsto", ha detto Hans Fehr (UDC/ZH). L'UDC chiede pure la fine del principio del Cassis de Dijon.

Per Kathy Riklin (PPD/ZH) la "libera circolazione è un successo perché contribuisce alla crescita e alla creazione di posti di lavoro". Analoga la posizione del PLR: "Pensiamo che la via bilaterale sia giusta. La crescita economica elvetica è continuata grazie a forze lavoro giunte dall'Ue", ha detto Walter Müller (PLR/SG).

Non tutto però è roseo, ha ammesso la rappresentante del Partito popolare democratico (PPD), facendo in particolare riferimento ai "problemi nelle relazioni con l'Italia". I democristiani vorrebbero interrompere i negoziati in vista di un accordo di libero scambio agricolo.

Le sanzioni contro chi viola il diritto del lavoro sono troppo blande, ha dal canto suo denunciato la vicepresidente del Partito socialista (PS) Marina Carobbio (TI). "Nei negoziati con l'Ue non vi possono essere concessioni sulle misure di accompagnamento, che invece vanno rafforzate", ha detto. Per la ticinese i problemi principali sono i falsi indipendenti e il subappalto.

Analoghe le riflessioni di un altro ticinese, il democristiano Meinrado Robbiani, che ha stigmatizzato le "crescenti pressioni e distorsioni" generate dalla libera circolazione. "È urgente agire anche a salvaguardia della coesione nazionale, per fare in modo che le regioni più colpite non si sentano discriminate", ha detto.

Il PS non punta solo sulla libera circolazione. Nell'ambito dei bilaterali, i socialisti vorrebbero che il Consiglio federale operasse per garantire la protezione dei diritti popolari, in particolare il diritto di referendum e il diritto di codecisione dei cantoni.

I verdi Geri Müller (AG) e Francine John-Calame (NE) hanno sottolineato "l'amicizia" che contraddistingue le relazioni tra Svizzera e Ue e denunciato la tendenza a fare degli stranieri un "capro espiatorio". Gli ecologisti vorrebbero che la Svizzera uscisse da Frontex, l'agenzia dell'Ue che si occupa del controllo delle frontiere esterne. Per i Verdi Frontex oggi ormai è diventato uno strumento di esclusione di uomini che fuggono da situazioni di crisi verso l'Europa.

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