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Papa a Cuba: non si abusa dei propri concittadini

(Keystone-ATS) Giunto tra la folla festante di Holguin, nell’estremo est di Cuba, terza città del Paese e seconda tappa della sua visita sull’isola, papa Francesco lancia un messaggio al “cambiamento” personale, sempre possibile persino per chi è ritenuto dagli altri un “traditore”.

Ma chiede anche di “non abusare” dei propri concittadini: un monito, neppure troppo implicito, a chi occupa ruoli nella società.

“I concittadini non sono quelli di cui si approfitta, si usa e si abusa”, dice durante la messa tra la variopinta folla di Plaza de la Revolucion, presente anche oggi il presidente Raul Castro, che dovrebbe poi seguirlo domani nella tappa finale di Santiago. “Lo sguardo di Gesù genera un’attività missionaria, di servizio, di dedizione – osserva -. Il suo amore guarisce le nostre miopie e ci stimola a guardare oltre, a non fermarci alle apparenze o al politicamente corretto”.

La messa è per la festa di San Matteo apostolo ed evangelista, in una data importante per Bergoglio, anniversario di quel 21 settembre 1953 in cui a Buenos Aires maturò la sua vocazione sacerdotale, quando a 17 anni, invece di recarsi a una scampagnata con i compagni di scuola per la Giornata dello studente, entrò nella sua parrocchia di San Josè e Flores e si confessò da padre Duarte.

Fu in quel momento, ha raccontato il futuro Pontefice nel libro “Papa Francesco” (“El Jesuita”) dei giornalisti Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, che sentì la “chiamata” e decise di farsi prete. A quell’episodio non manca di fare cenno oggi anche il vescovo di Holguin, mons. Emilio Aranguren Echeverria, al termine della messa.

E proprio la figura di Matteo, nell’idea della “conversione” personale, risulta importante per Francesco, che più volte ha sottolineato quanto sia colpito dal caravaggesco “La vocazione di Matteo” nella chiesa romana di San Luigi dei Francesi.

Per il Pontefice, ha detto oggi nell’omelia, lo sguardo di Gesù “ci cambia”, come cambiò nell’intimo anche un “esattore delle tasse” come Matteo. “Matteo era un pubblicano, cioè riscuoteva le tasse dagli ebrei per darle ai romani – ha ricordato -. I pubblicani erano malvisti e inoltre considerati peccatori, per questo vivevano isolati e disprezzati dagli altri.

Con loro non si poteva mangiare, né parlare e né pregare. Per il popolo erano dei traditori, che prendevano dalla loro gente per dare ad altri”. Invece, prima di dirgli il suo “Seguimi”, “Gesù si fermò, non passò oltre frettolosamente, E questo sguardo aprì il suo cuore, lo rese libero, lo guarì, gli diede una speranza, una nuova vita”. E questa, secondo Bergoglio, “è la nostra storia personale; come tanti altri, ognuno di noi può dire: anch’io sono un peccatore su cui Gesù pone il suo sguardo”. “Invito a fare – ha aggiunto -, a casa o in chiesa, un momento di silenzio per ricordare con gratitudine e gioia quella circostanza, quel momento in cui lo sguardo misericordioso di Dio si è posato sulla nostra vita”.

Il Papa dedica un pensiero solidale e di incoraggiamento per l’opera della Chiesa nell’isola comunista: “So con quale sforzo e sacrificio la Chiesa a Cuba sta lavorando per portare a tutti, anche nei luoghi più remoti, la parola e la presenza di Cristo”.

Stasera papa Francesco, dopo la benedizione alla città di Holguin dalla collina Loma de la Cruz, volerà a Santiago, tappa finale a Cuba dalla quale partirà domani per Washington: quando in Italia sarà notte fonda incontrerà i vescovi nel seminario San Basilio Magno e poi pregherà davanti alla Virgen de la Caridad del Cobre, patrona dell’isola, nel santuario ad essa dedicato.

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